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Ieri sera sono stato testimone di un piccolo episodio di sopraffazione che vale la pena raccontare, per una ragione che spero risulterà evidente alla fine del racconto.

Andiamo con ordine. Il 22 settembre scorso la Congregazione per la dottrina della fede pubblica una lettera, intitolata Samaritanus Bonus, «sulla cura delle persone nelle fasi critiche e terminali della vita». Essendo un documento del magistero molto chiaro ed incisivo nel riproporre la dottrina cattolica, è stato totalmente silenziato. Nessuno ne parla, si fa come se non ci fosse. Quindi è come se non ci fosse. Quindi non c’è.

Un gruppo di cattolici della mia città, per lo più medici e operatori sanitari (ma non solo), decide di ritrovarsi per approfondire la comprensione di quel documento e di farlo in forma pubblica, ovviamente online date le circostanze, su una delle piattaforme più comunemente usate a questo scopo. Trovo che sia stata una scelta quanto mai opportuna e lodevole: la più grave colpa di noi cattolici, attualmente, mi pare che sia infatti quella di non supportare culturalmente in modo adeguato il magistero della chiesa (quello autentico, naturalmente, non lo pseudo-magisrero mediatico). Se non è supportato culturalmente, l’insegnamento dogmatico e morale della chiesa è destinato a restare socialmente irrilevante.

A questo punto succede la prima cosa che, a posteriori, mi pare notevole: il semplice annuncio di un incontro sulla Samaritanus Bonus basta a far drizzare le antenne di qualcuno, estraneo ed ostile all’ambiente da cui l’iniziativa proviene, che decide di parteciparvi – protetto dalla “mascherina digitale” che tutti indossiamo (o crediamo di indossare) quando siamo davanti ad un computer – per controllare cosa vi si dice. Questa è la prima cosa che voglio sottolineare: basta il semplice fatto di annunciare di volersi occupare di certi temi perché scatti una sorveglianza.

Comincia l’incontro e per un po’, finché si tratta l’argomento in termini di esperienza personale, di come cioè quel testo può aver aiutato qualcuno nel modo di vivere il proprio rapporto con i malati e cose del genere, l’intruso sta zitto. Quando però uno dei partecipanti, che chiameremo A., introduce il tema del giudizio culturale e politico che la posizione espressa in SB comporta, il teppista, che chiameremo B, scatta immediatamente come una molla, interrompendolo e, parlando come se lo conoscesse, gli muove questa obiezione: “A., ma perché dici queste cose che non c’entrano?”. Si finge, cioè, una persona perlomeno vicina al gruppo dei promotori dell’incontro che vuole riportare il discorso al livello di prima. Quando però il relatore dell’incontro, un medico specialista nelle cure palliative che chiameremo C., gli risponde che l’intervento di A. è pertinente perché certe cose la SB le dice, B. immediatamente sbrocca cominciando a interrompere ripetutamente dicendo parolacce e bestemmie ed anche scrivendole nella chat con gli account hackerati ad altri partecipanti. C’è del metodo nella sua follia, perché mira evidentemente a sabotare l’incontro, ed anche perché si ferma di fronte alla minaccia di denunciarlo alla polizia postale. Non uno squinternato, dunque, ma un provocatore.

Ripeto, l’episodio è minimo, però non lo considero del tutto insignificante. Piuttosto direi che è l’espressione di un clima in cui l’esercizio della critica non è più tollerato. Ai cristiani, in particolare, è concesso di fare personalmente l’esperienza della fede ma già il culto è sottoposto a limitazioni e il giudizio sulla realtà è vietato. Il disegno di legge Zan, che è stato vergognosamente approvato l’altro giorno da un ramo del parlamento – a quanto pare anche per colpa dell’ignavia dell’opposizione – e che è evidentemente incostituzionale perché viola in modo plateale il diritto alla libera manifestazione del pensiero (art. 21) ma rischia di diventare una legge dello stato italiano, è solo il sigillo finale di una tendenza che è in atto da molto tempo e che andrebbe combattuta con tutte le forze dai superstiti amanti della libertà, unendo le forze e superando tutti gli altri moitivi di differenziazione e di dissenso tra loro.