Questa nota sentenza viene solitamente attribuita a san Tommaso, il quale però la riprende, modificandola leggermente, da un passo dell’Ambrosiaster, un autore anonimo dell’età di Ambrogio (IV secolo) la cui opera fu a lungo attribuita al grande vescovo di Milano. Era molto amata anche dal cardinale Biffi, che l’ha più volte citata. Essa ci ricorda che la verità, ogni verità, da chiunque sia detta, in quanto tale proviene da Dio, il quale è la Verità, e gli appartiene. I cristiani, perciò devono sempre accoglierla senza timore, senza lasciarsi deviare da sentimenti, giudizi (o pre-giudizi) che possono avere, anche giustificatamente, nei confronti di coloro che ne sono momentaneamente i latori.
L’ormai famigerato memoriale di mons. Viganò contiene dei fatti, dei giudizi sui comportamenti di molte persone e una richiesta. La richiesta, che è quella fatta al papa di dimettersi, è a mio parere irricevibile, perché sbagliata e inopportuna. I giudizi sulle persone sono una responsabilità che mons. Viganò legittimamente si è preso la responsabilità di esprimere, devo dire in modo franco e diretto, senza nascondersi dietro ad allusioni o messaggi criptati decifrabili solo dai destinateri come spesso si fa nel suo ambiente, il che mi pare molto apprezzabile. Se i fatti su cui egli appoggia quei giudizi sono veri, allora sono giustificati anche i giudizi, altrimenti no e diventano calunnie.
I fatti, appunto. Perché è innegabile che in quel testo ne vengono asseriti parecchi. Tra questi, quello che fa più scalpore è il colloquio che sarebbe avvenuto il 23 giugno 2013, nell’appartamento del papa a Santa Marta, per la durata di 40 minuti prima dell’Angelus, colloquio durante il quale l’allora nunzio negli Stati Uniti Viganò avrebbe messo al corrente il papa della cattiva condotta del cardinale McCarrick e del fatto che papa Benedetto gli aveva imposto di ritirarsi ad una vita di prghiera e penitenza.
Non ci sarebbe niente di male nell’accertare se questo racconto corrisponde al vero oppure no. Anzi, ne verrebbe del bene in tutti i casi: perché – questo è il punto, difficile da accettare anche per noi cattolici, anche ai più alti livelli della gerarchia ecclesiastica – la verità è sempre un bene, e fa sempre bene. Se il papa dicesse: “è falso che Viganò mi abbia mai parlato in quei termini di McCarrick”, noi saremmo tenuti a credergli e avremmo un motivo per diffidare delle altre affermazioni contenute nel memoriale (anche se non sarebbe una prova, ma solo un indizio della loro falsità). Se invece il papa dicesse: “sì, è vero che Viganò mi disse quelle cose”, questo non significherebbe automaticamente che il papa è un corrotto, un insabbiatore, un complice di McCarrick. Potrebbe voler dire semplicemente che, sbagliando, egli non si è fidato delle informazioni dategli allora dal suo nunzio e ha preferito dar credito ad altre voci favorevoli a McCarrick. Cioè all’incirca la stessa cosa che, per sua ammissione, ha fatto pochi mesi fa nel caso del vescovo cileno Barros, da lui difeso a spada tratta sulla base di cattive informazioni a cui aveva erroneamente dato credito. Oppure ci potrebbe essere qaulche altro motivo, che il papa potrebbe spiegare, per cui pur ritenendo fondate le informazioni di Viganò ha ritenuto più opportuno non procedere contro il cardinale, fino a tempi recentissimi, quando lo ha fatto dopo che lo scandalo era scoppiato pubblicamente. Magari la sua immagine come uomo di governo della chiesa ne uscirebbe un po’ compromessa, ma sarebbe comunque un bene avere ristabilito la verità dei fatti.
Ovviamente, mi rendo conto che è assai difficile che ci sia un chiarimento del genere su quel punto cruciale della testimonianza di Viganò. Però ci sono tante altre circostanze che possono – e devono, come il papa stesso ha chiesto, parlando con i giornalisti durante il volo di ritorno da Dublino – essere accertate. Qualche conferma è venuta fuori: la parte sulle relazioni tra il nunzio Sambi e il cardinale McCarrick è stata, sia pure laconicamente, confermata da un officiale della nunziatura in servizio all’epoca; l’allontanamento, sempre su richiesta della nunziatura, del cardinale McCarrick dal seminario dove aveva fissato la sua residenza dopo le dimissioni da arcivescovo di Washington è un fatto certo. Ma sono solo pochi dettagli, c’è ancora molto lavoro da fare e si deve sperare che venga fatto, così come il papa ha chiesto.
Non c’è da aver paura.