Gran battage mediatico per il rapporto della commissione Sauvé sugli abusi sessuali commessi, nell’ambito della chiesa francese, dal 1950 al 2020. Sui giornali e sulla rete viene soprattutto sparata una cifra, 216.000 casi (che diventano addirittura 330.000 se si includono quelli in cui sarebbe coinvolto personale laico), che è probabilmente l’unica cosa che resterà nella mente dei più. Non è un conteggio, bensì una stima, quanto mai opinabile, ma non importa: il “giudizio” popolare è già dato: la chiesa è un covo di pervertiti, il papa e i vescovi possono solo vergognarsi. (Che è quello che in effetti dichiarano di stare facendo in queste ore).
In realtà, a chi osservi con un minimo di attenzione onesta la cosa, sorgono molte domande e molte riserve. Chi vuole, può leggere ad esempio questo articolo apparso su Tempi: https://www.tempi.it/il-rapporto-sugli-abusi-sessuali-che-scuote-la-chiesa-in-francia-va-letto-bene/ e queste considerazioni di Stefno Fontana sulla Nuova Bussola Quotidiana: https://lanuovabq.it/it/abusi-la-laicizzazione-e-il-problema-non-la-soluzione.
A parte il fatto che in una materia così delicata e dolorosa, anche i dati numerici dovrebbero essere pesati con molta attenzione, evitando di confonderli con stime “ad effetto” (e questo anche per rispetto delle vittime stesse), ciò che lascia particolarmente perplessi è che la commissione Sauvé – per definizione “indipendente”, nel senso di esterna ed estranea alla chiesa, il che vuol dire, in buona sostanza, appartenente al “mondo”: perché, a questo mondo, o si è della chiesa o si è del mondo – si sia sentita autorizzata a emettere ben 45 raccomandazioni ai cristiani su molteplici aspetti della loro vita interna, interferendo con le loro leggi e istituzioni e con il loro modo di vivere e di organizzarsi.
Questo indica, a mio parere, dove sta, radicalmente, il difetto: se la chiesa è incapace di giudicare se stessa alla luce del Vangelo – il che significa che non è tesa a lasciarsi giudicare da Cristo – ma si affida ciecamente al giudizio del mondo, legandosi mani e piedi alle sentenze dei suoi tribunali (vedi il caso Pell!) o ai report di commissioni che considera tanto più credibili quanto più le sono lontane (!), che credibilità può mai avere di fronte al mondo, se lei stessa non si fida di se stessa?
Paolo si scandalizzava dei cristiani di Corinto che sottomettevano le loro controversie ai tribunali della città: «Quando uno di voi è in lite con un altro, osa forse appellarsi al giudizio degli ingiusti anziché dei santi? Non sapete che i santi giudicheranno il mondo? E se siete voi a giudicare il mondo, siete forse indegni di giudizi di minore importanza? Non sapete che giudicheremo gli angeli? Quanto più le cose di questa vita! Se dunque siete in lite per cose di questo mondo, voi prendete a giudici gente che non ha autorità nella Chiesa? Lo dico per vostra vergogna! Sicché non vi sarebbe nessuna persona saggia tra voi, che possa fare da arbitro tra fratello e fratello? Anzi, un fratello viene chiamato in giudizio dal fratello, e per di più davanti a non credenti!» (1 Cor 6,1-6). Cosa direbbe di noi oggi?
(Il panorama si fa ancor più desolante se si considera che, quando invece la chiesa esercita in proprio la funzione di giudizio che le spetta, nel senso strettamente giudiziario del termine, come, per una coincidenza meramente temporale ma ugualmente suggestiva, sta accadendo in questi stessi giorni con il processo a carico del cardinale Becciu, il suo modo di procedere è quantomeno imbarazzante.)