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  • La chiesa e la crisi degli anni sessanta.

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~ Vanitas ludus omnis

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Archivi Mensili: aprile 2016

Grandi libri

26 martedì Apr 2016

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grandi libri, Peterson, Santa Trinità, teologia politica

Ho riletto in questi giorni il piccolo “grande libro” di Peterson, Il monoteismo come problema politico. Tra le altre cose, mi ha colpito quanto sia bella (perfetta, oserei dire) la premessa. È brevissima (tutto il saggio, del resto, non raggiunge le ottanta paginette nella traduzione italiana: Brescia 1983), ma sono poche parole che valgono oro.

«L’lluminismo europeo, della fede cristiana in Dio, ha risparmiato soltanto il monoteismo, il quale è tanto problematico nel suo contenuto teologico quanto nelle sue conseguenze politiche. Per il cristiano l’agire politico può esistere soltanto alla luce della fede nel Dio trino. Questa fede si pone al di là di giudaismo e paganesimo, di “monoteismo” e “politeismo”. La problematica interna ad una “teologia politica” che s’ispira al “monoteismo” va chiarita attraverso un esempio desunto dalla storia. Sant’Agostino, che s’incontra ad ogni crocevia spirituale e politico dell’Occidente, aiuti con le sue preghiere i lettori e l’autore di questo libro!».

(Capisco che per alcuni lettori di questo blog non tutto di questo brano risulti chiaro, ma almeno il fascino di una prefazione ad un libro scientifico che si conclude così “naturalmente” con un invito alla preghiera penso che arrivi a tutti).

La fine del mondo? Non c’è da averne paura, dopotutto: saremo tutti bellissimi.

17 domenica Apr 2016

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Agostino, Bellezza, De civitate Dei, Giudizio finale

«Una volta compiuto l’ultimo giudizio, allora questo cielo e questa terra cesseranno d’esistere e cominceranno ad esistere un cielo nuovo e una terra nuova: infatti questo mondo passerà per una trasformazione delle cose, non per un totale annientamento (mutatione namque rerum, non omni modo interitu transibit hic mundus). Perciò l’apostolo afferma: “Passa la scena di questo mondo!” […] Passa dunque la scena e non la natura (Figura ergo praeterit, non natura)».

[Agostino, De civitate Dei, XX, 14]

Dio non annienta nulla, non condanna al nulla niente di ciò che ha creato. Dio, che ama tutto, fino al più piccolo insignificante particolare della realtà (è uno che conta perfino i capelli in testa a ogni uomo). La “fine del mondo”, ci dice Agostino, sarà una trasformazione non un annientamento. Passerà la scena, questo sì; passerà  l’inganno della rappresentazione, la fictio, la faticosa recita che ci coinvolge un po’ tutti, l’interpolatio (cioè l’adulterazione, la falsificazione) diabolica che si insinua in tutte le cose … passerà tutto questo, non la realtà creata.

Agostino si spinge a dire che saremo tutti belli, nei nostri corpi risorti:

«Non tema perciò chi è magro o grasso di essere tale anche colà, come non avrebbe voluto essere nemmeno sulla terra. Infatti ogni bellezza corporea sta nell’armonia delle sue parti e in una certa dolcezza del colore (pulchritudo est partium congruentia cum quadam coloris suavitate). Quando manca questa armonia delle parti, qualcosa urta o per la sua sconcezza o per difetto o per eccesso. Allora però non vi sarà sicuramente alcuna deformità, prodotta da una sproporzione tra le parti, poiché ciò che è sconcio verrà cambiato in un modo che sa il Creatore, e ciò che è in eccedenza sarà eliminato, mantenendo l’integrità della materia».

[Agostino, De civitate Dei, XXII,19,2].

C’è speranza per tutti!

Pensare la crisi: Agostino e la Città di Dio

12 martedì Apr 2016

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Venerdì 15 aprile allle ore 17, alla Biblioteca Malatestiana di Cesena.

http://www.comune.cesena.fc.it/malatestiana/magistri

Essere brave persone non basta.

10 domenica Apr 2016

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Tertulliano, testimonianza

«Che dire poi del fatto che i più, a occhi chiusi, arrivano ad un tale odio [per il nome cristiano] che, pur rendendo a uno buona testimonianza, vi mescolano la condanna del nome?   “Brava persona Gaio Seio … soltanto che è cristiano” (Bonus vir Gaius Seius, tantum quod Christianus). E un altro: “Io mi meraviglio che Lucio Tizio, che è un uomo così sapiente, a un tratto sia diventato cristiano” (Ego miror Lucium Titium, sapientem virum, repente factum Christianum). Nessuno si ferma a riflettere se Gaio è buono e Lucio è saggio proprio perché è cristiano o se è cristiano perché saggio e buono (Nemo retractat, ne ideo bonus Gaius et prudens Lucius, quia Christianus, aut ideo Christianus,  quia prudens et bonus)».

[Tertulliano, Apologeticum, 3,1]

In un mondo non cristiano, anzi ostile al cristianesimo, la testimonianza individuale delle virtù private dei cristiani non basta. Non basta perché viene “sterilizzata” dal mondo. Non basta se non diventa “critica”, cioè se non provoca gli altri a porsi la domanda che dice Tertulliano. Se non pone la questione del nesso tra i beni, di cui la vita del cristiano è segno, e il fatto di Cristo.

A questo, come magari vedremo meglio un’altra volta, si lega il fatto che la testimonianza cristiana è, per sua natura, sempre “pubblica”.

Navighiamo in un mare in tempesta.

01 venerdì Apr 2016

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Chiesa, Hugo Rahner, mare

«La Chiesa è per i Padri la grande nave universale che fende scrosciando i flutti dell’oceano di questa terra tra immani pericoli eppure con vittoriosa sicurezza. Per la Chiesa, il cristiano antico non seppe trovare simbolo più bello della nave maestosa, che ammirava nei porti di Alessandria e di Efeso o di Ostia; su una di esse Paolo, approdando dopo mortali pericoli a Pozzuoli, gli aveva recato dall’Oriente la lieta novella. Nessun simbolo poteva rendere in maniera più semplice e penetrante la verità del fatto che la Chiesa si trova situata continuamente tra due perenni condizioni: adesso, nel mare demoniaco del mondo, essa è già l’unica tavola di salvezza, l’unica certezza di salute, le è promesso un beato approdo nel porto dell’eternità. Ma nello stesso tempo essa è ancora in pericolo, non è ancora giunta alla meta, può ancora incappare nel rischio temerario, e la speranza che essa sospira tremando, risiede ancor al di là dei flutti, là dove, nelle spiagge celesti, i moli eterni si allargano come braccia a cingere maternamente. Morte e vita si congiungono in questo destino nautico della Chiesa».

[Hugo Rahner, Miti greci nell’interpretazione cristiana, trad.it. Bologna 1971 (= Zürich 1957), pp.375-376]

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