Una premessa indispensabile. Io considero ineccepibile, nel merito e nel metodo, la posizione dei quattro cardinali dei Dubia, i quali non hanno azzardato giudizi ma hanno semplicemente chiesto al papa, in modo formale, di chiarire il senso di alcuni passaggi, oggettivamente ambigui e di fatto interpretati in maniera divergente, di un documento da lui scritto.
Purtroppo il papa ha deciso, pare definitivamente, di non rispondere ai quesiti. È una scelta per me incomprensibile, ma da cattolico devo riconoscere che è pienamente legittima e inoltre devo ammettere, in linea di principio, che egli possa avere delle ragioni a me sconosciute per agire in tal modo.
I cardinali però chiedevano, in subordine, una seconda cosa: che il papa li ricevesse, possibilmente insieme ma anche singolarmente se così preferiva, e parlasse con loro delle questioni che tanto li assillavano. Il papa ha rifiutato di fare anche questo, e ciò a me appare – dispiace davvero dirlo, ma bisogna dirlo – non solo incomprensibile ma anche ingiustificabile. Per quanto ci abbia pensato su, in tutti questi mesi non sono riuscito a trovare una sola ragione, umanamente comprensibile, perchè il papa (il papa!) possa rifiutare un incontro faccia a faccia, a cuore aperto, con persone come i cardinali Caffarra, Meisner, Brandmüller e Burke che supplicano di potergli parlare di questioni gravi che riguardano la fede e la vita della chiesa. C’è nel vangelo una parola di Gesù su questo: «Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pane, gli darà una pietra? O se gli chiede un pesce, gli darà al posto del pesce una serpe? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione?» (Lc 11, 11-12).
Dispiace dirlo, ma bisogna dirlo: quell’incomprensibile rifiuto sta in aperta, diametrale contraddizione con tutto il resto dell’insegnamento di papa Francesco, perché nega – di fatto e sia pure solo per questo specifico caso – tutta la sua bella predicazione sull’accoglienza, sul dialogo, sulla misericordia. Dio inoltre, per un suo imperscrutabile disegno, ha voluto chiamare a sé, a ricevere il premio che spetta ai servi buoni e fedeli, due di quei cardinali, e ha voluto che morissero improvvisamente, come per ricordarci che tutti possiamo andarcene da un battito di cuore all’altro. L’ho già scritto in questo blog: quando ho saputo della morte di Meisner e poi di Caffarra, la prima cosa che ho pensato è stata che con loro papa Francesco non avrebbe più potuto parlare. Gli restano Brandmüller e Burke – ai quali auguro lunghissima vita! – poi resterà solo col suo diniego.
Richiamare questo antefatto era necessario perché a mio avviso aiuta a contestualizzare l’iniziativa della cosiddetta Correctio filialis, della quale, in breve, penso quanto segue. Comprendo e condivido il forte disagio (per non dire la vera e propria sofferenza) di cui essa è l’espressione; credo che i problemi che pone (in continuità con le domande dei cardinali) siano reali e gravi. In particolare, a me pare difficilmente oppugnabile l’argomento formulato dal prof. Seifert a proposito del paragrafo 303 di Amoris Laetitia. Riconosco e apprezzo la retta intenzione dei firmatari (o quantomeno di molti di essi), così come è stata chiarita, ad esempio, da mons. Livi qui: http://www.lanuovabq.it/it/correzione-al-papa-la-verita-che-i-lettori-meritano.
D’altro canto, però, ho delle forti riserve sulla forma (che diventa poi contenuto) di quel testo, sulla sua pubblicizzazione, sul fatto che sia firmato indistintamente da persone che sono canonicamente in piena comunione con il papa e da altre, come mons.Fellay, che invece sono tuttora in una posizione gravemente irregolare. Per questo motivo ho molti dubbi sulla sua opportunità e in ogni caso non lo sottoscrivo.
Il punto principale, però, mi sembra un altro: dato che, comunque lo si voglia valutare, anch’esso è la spia di un malessere diffuso e profondo e segnala l’esistenza di un problema grave, come si risponde? In questo senso, ha un grande valore, ai miei occhi, quello che ha detto ieri il segretario di stato, cardinale Parolin. Poche semplici parole, che in un altra situazione sarebbero parse ovvie e scontate e invece nella presente condizione della chiesa non lo sono affatto: «È importante dialogare anche all’interno della Chiesa. Le persone che non sono d’accordo esprimono il loro dissenso ma su queste cose si deve ragionare, cercare di capirsi».
Che la cosa più urgente sia recuperare un atteggiamento di rispetto e accoglienza reciproca tra i cattolici lo dimostra, fra gli altri, la citazione con cui devo purtroppo chiudere questa nota. Il giorno prima di Parolin aveva parlato anche il cardinale Müller, ex prefetto della dottrina della fede, il quale aveva proposito una commissione di cardinali per approfondire teologicamente le questioni poste dalla Correctio. Come reazione, è apparso su un sito, che certo non è ufficiale del Vaticano ma che si dice goda di molto favore in alto loco, questo pezzullo, a firma del direttore: http://ilsismografo.blogspot.it/2017/09/vaticano-la-postilla-della-giornata_27.html. Non spreco nemmeno un aggettivo della lingua italiana per definirlo. Dico solo che non conosco l’uomo che lo ha scritto, ma lo sento molto diverso e lontano da me, perché io ho provato vergogna anche solo a leggere quello che lui non si è vergognato di scrivere.