Sul caso dell’arcivescovo di Parigi, Michel Aupetit – che il 25 novembre scorso aveva rimesso il suo mandato nelle mani del papa, il quale non gli ha riconfermato la fiducia ma il 2 dicembre, appena sette giorni dopo, ne ha accolto la rinuncia al governo della diocesi – papa Francesco, nell’intervista tenuta durante il volo di ritorno dalla Grecia, ha detto delle parole che per me sono tra le più sconcertanti di tutte quelle da lui pronunciate nel corso del suo pontificato.
Poiché è il papa che ha parlato, è doveroso ascoltarle con molta attenzione, pesandole una per una. Le trascrivo perciò alla lettera da questo articolo di Vatican Insider (qui:https://www.lastampa.it/vatican-insider/it/2021/12/0/news/il_papa_la_democrazia_e_in_pericolo_a_causa_di_populismi_e_governi_sovranazionali_-1134607/) nel presupposto che il virgolettato giornalistico sia fededegno, cioè riporti esattamente ciò che è uscito dalla sua bocca. Se così non fosse, evidentemente, le cose cambierebbero.
Alla domanda «Perché ha accettato la rinuncia dell’arcivescovo di Parigi Aupetit?», Francesco ha così risposto: «Lei mi domanda: cosa ha fatto di così grave da dover dare le dimissioni? Non lo sa? Prima di rispondere dirò: fate un’indagine. È stato condannato? E chi lo ha condannato? L’opinione pubblica. Se voi sapete perché, ditelo.» Fin qui, sembra che il papa intenda dire che il caso di mons. Aupetit dovrebbe essere chiarito meglio con un’indagine approfondita e che la condanna sommaria dell’opinione pubblica è sbagliata e non conta nulla. Il che mi sembra assolutamente condivisibile. Ma allora perché questa indagine non è stata fatta da lui stesso, che ne avrebbe i mezzi e il preciso dovere? O dobbiamo pensare che sette giorni siano un tempo sufficiente per svolgerla in modo adeguato? E se così fosse, non sarebbe allora lecito attendersi, su una vicenda così spinosa e fonte di tanto scandalo, una presa di posizione ufficiale, circostanziata e definitiva, da parte della Santa Sede?
Poi il papa prosegue: «È stata una sua mancanza, contro il sesto comandamento, ma non totale.» Qui sembra invece che il giudizio sia già stato dato. La curiosa espressione “mancanza non totale” nei confronti del sesto comandamento credo voglia dire che il papa ritiene che mons. Aupetit non abbia avuto rapporti sessuali con una donna, come certe voci fatte trapelare alla stampa da ambienti clericali parigini avevano insinuato.
Poi il papa aggiunge: «Le piccole carezze, i massaggi che faceva alla segretaria, così sta la cosa.» Qui mi dispiace doverlo dire, forse è un problema mio, ma provo un grande disagio, o un profondo imbarazzo se preferite, da semplice fedele della chiesa cattolica, nell’udire una frase di questo genere dalla bocca del papa. Sono parole che potrei dire io, chiacchierando con gli amici al bar (se andassi al bar). Ma io so di essere una persona piuttosto volgare: che si esprima così il papa, qualche problema me lo fa. Mi chiedo infatti che cosa lo abbia spinto a divulgare dei dettagli, che – senza voler entrare nel merito delle intenzioni e della consapevolezza sua – sono nei loro effetti, oggettivamente, un esempio di quel «chiacchiericcio» che continuamente egli deplora. Mi faccio però anche un’altra domanda: quei dettagli, da chi li avrà saputi? Ci sono solo due possibilità: o da Aupetit stesso, e allora mi chiedo come questi si possa sentire, avendoli confidati al papa, nel vederli così spiattellati a quell’opinione pubblica che il papa stesso stigmatizza per la sua facilità alle condanne sommarie. Oppure li ha saputi dai detrattori di Aupetit, ed è ancor peggio perché torna in ballo la necessità di una verifica dell’attendibilità delle accuse. Ma in ogni caso, e al di là di tutto: sono parole che io trovo “stilisticamente” (se si capisce che cosa voglio dire) imbarazzanti sulla bocca di un papa. Paragonabili, sul piano dello stile, all’ironia che in un’altra occasione simile egli fece sul cardinale Burke ammalato di covid.
Poi il papa continua: «E questo è un peccato, ma non è un peccato grave. I peccati della carne non sono i più gravi. Quelli più gravi sono quelli che hanno più angelicalità: la superbia, l’odio.» Non mi permetto di dire nulla, non avendone alcun titolo, su questa tesi di teologia morale. Altri potranno farlo. Anzi, diciamo che per parte mia la accetto rispettosamente. Osservo però che c’è un grave rischio di cortocircuito comunicativo. Francesco afferma che Aupetit ha peccato contro il sesto comandamento ma in modo veniale e probabilmente intende dire che non è andato a letto con la segretaria ma le ha solo fatto delle carezze e dei “massaggi“. Poi però sostiene che i peccati della carne non sono i più gravi e probabilmente intende dire che ce ne sono di peggiori (ma ciò non implica che anch’essi non possano essere gravi). I media però traducono, e tutti capiscono, che il papa pensa che i peccati contro il sesto comandamento non sono tout court peccati gravi. Insomma, come diceva un proverbio veneto di una volta: pecai de mona, Iddio li perdona. Non mi sembra un bel risultato, dal punto di vista pastorale.
Poi il papa dice: «Così Aupetit è un peccatore come lo sono io, come è stato Pietro il vescovo su cui Gesù ha fondato la Chiesa e che lo aveva rinnegato. Come mai la comunità del tempo aveva accettato un vescovo peccatore? Era una Chiesa normale, nella quale si era abituati a sentirsi tutti peccatori, umili. Si vede che la nostra la Chiesa non è abituata ad avere un vescovo peccatore, facciamo finta a dire: è un santo il mio vescovo… No, questo cappelluccio rosso… tutti siamo peccatori.» L’unico senso possibile di queste parole – che io, ripeto, prendo sul serio e col rispetto dovuto al papa – è che siamo tutti peccatori, un vescovo lo è come gli altri e non per questo deve essere considerato indegno del suo ministero. La chiesa deve accettare questa realtà e sbaglia se pretende dai suoi pastori un’impossibile impeccabilità. Da tutto quanto il papa ha detto finora si ricava dunque, come unica possibile conclusione logica, che mons. Aupetit dovrebbe restare arcivescovo di Parigi. Egli infatti non si è dimesso nel senso di aver manifestato la sua personale volontà di lasciare l’incarico, ma ha rimesso il mandato al papa perché fosse il papa a decidere che cos’era meglio per la chiesa. Ora il papa, con tutto il ragionamento fatto sino a questo momento, dice in modo inequivocabile che sarebbe giusto che mons. Aupetit restasse al suo posto.
La conclusione che Francesco ne trae è però assolutamente incoerente con le premesse, direi anzi che è totalmente dissociata. Così, infatti, egli termina la sua risposta: «Ma quando il chiacchiericcio cresce, cresce, cresce e ti toglie la fama di una persona, no, non potrà governare perché ha perso la fama non per il suo peccato, che è peccato – come quello di Pietro, come il mio come il tuo – ma per il chiacchiericcio delle persone. Per questo ho accettato le dimissioni, non sull’altare della verità ma sull’altare dell’ipocrisia». Ma come? Lui che ha fatto della condanna del pettegolezzo un Leit-Motiv della sua predicazione e ci torna su praticamente tutti i giorni con parole che a qualcuno sono sembrate perfino esagerate, ora, di fronte a quello che in base alla sua stessa dichiarazione deve essere considerato come un odioso caso di chiacchiericcio clericale volto a disfarsi di un pastore scomodo, vi cede immediatamente, lo asseconda e se ne rende, di fatto, complice? Accetta le dimissioni «non sull’altare della verità ma sull’altare dell’ipocrisia»? Rinnega la giustizia e la misericordia per motivi di opportunità?
Qui non sono soltanto imbarazzato, ma costernato. E non è un problema mio.
Maria Cristina ha detto:
Totale illogicita’ o forse la solita sottigliezza gesuitica .
Gli viene chiesto da un giornalista perche’ ha accettato le dimissioni del vescovo di Parigi. Lui non risponde direttamente alla domanda ma fa tutto un discorso fumoso sul gossip, sulla perdita della fama dovuta al gossip, sui peccati veniali e sull’ ipocrisia. Dice che il vescovo e’ stato sacrificato sull’ altare dell’ ipocrisia. Ma alla fi ne la domanda rimane senza risposta : perche’ lui ha accettato le dimissioni del vescovo di Parigi? Perché& lo ha sacrificato sull’ altare dell’ ipocrisia?
La cosa scorcentante e’ che nessuno della stampa fa notare come Bergoglio, come un anguilla, sguiscia fra le domande senza mai dare risposta . .
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Adriano ha detto:
No, Professore, è un problema anche Suo e mio e di tutti quelli che sono Chiesa. Un problema per il quale ci resta solo da pregare “Venga il Tuo Regno”.
Segnalo inoltre che sul sito del Vaticano è stato omesso il riferimento alla “segretaria” che probabilmente non c’entra niente. Per ulteriori dettagli chiedere al bar. Cfr. https://www.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2021/december/documents/20211206-grecia-volodiritorno.html (ore 14. 22).
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leonardolugaresi ha detto:
Sì, è vero. Ciò che intendevo dire è che se la ripugnanza per una certa volgarità potrebbe anche essere considerata da qualvuno come una mia idiosincrasia, qui no: la cosa è oggettivamente molto grave e addirittura inaccettabile..
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Fabrizio ha detto:
Una delle peggiori supercazzole d’alta quota di questi 8 anni e mezzo.
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Alessandro ha detto:
Credo sia in totale confusione… perché non sceglie di stare in silenzio?
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IMMATURO IRRESPONSABILE ha detto:
Abbiamo un Noè-padre ignudo, da otto anni; e tuttavia sono convinto che, al di là dell’ imbarazzo, e del dolore di molti (?) di noi-figli, e per le nudità esposte e per l’ incredibile entusiasmo di moltissimi altri figli per tale esibizione, il motivo di allarme (lo già detto, qui, e vi chiedo scusa) risieda nel cinismo di quei modernisti che, dai vertici della gerarchia stanno sfruttando questa demolizione di prestigio e di autorità ( ciò che ne resta) per instaurare una “chiesa” senza struttura, senza dogmi, senza dottrina e, temo, senza Sacramenti.
P.s. in questi giorni, da Roma stanno per partire degli “ispettori” con destinazione gli istituti “Ecclesia Dei” ( penso li conosciate): Il vero obiettivo della Tradizionis Custodes.
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zezzag ha detto:
In altro blog ho scritto che mi sono sentito depresso ad ascoltare che il papa, perfino lui, si inchinato all’ altare della ipocrisia: chi perde è la verità. Lleggendo oggi i commenti di Lugaresi mi è venuta in mente una possibile interpretazione delle parole del Papa – i peccati contro il sesto comandamento , non gravi ´ non sono stati loro a indurmi ad accettare subito le dimissioni, sono stati altri, quelli angelici , quelli si gravi ma poco riconoscibili ( si fa presto a dire quello è un santo )
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Ubi humilitas, ibi sapientia. ha detto:
Resto sempre della prima idea che mi feci di Bergoglio, “Questo papa non è una cima”, (che espressi su un altro blog, beccandomi un articolo “demolitore” del giornalista, ed inaugurando la categoria degli “oppositori di Francesco”. E’ un semplicione, praticone, di grande buona volontà, instancabile, limitato nell’esprimersi correttamente, forse non per incapacità, ma perché non ci bada, pur di andare al dunque in modo colloquiale. Insomma un elefante in una vetreria, che col desiderio di sistemare, rompe più di quello che mette a posto.
Bisogna accettarlo per come è, per giungere al centro del messaggio che cerca di dare, bisogna filtrarlo, saperlo interpretare nei suoi limiti espressivi.
Concordo col Signor Zegga, alla fine, filtra filtra, il messaggio era quello: “i peccati contro il sesto comandamento , non gravi ´ non sono stati loro a indurmi ad accettare subito le dimissioni, sono stati altri, quelli angelici , quelli si gravi ma poco riconoscibili”.
In Francesco ci vedo proprio Pietro, grezzo pescatore praticone a cui è stato affidato suo malgrado un compito superiore alle sue capacità intellettuali, ma per chi gli affidato il compito più che le capacità intellettuali contava altro.
Ci vorrebbe un Paolo che lo affiancasse…
P.S. Vedere in Bergoglio proprio il profilo di Pietro, mi preoccupa, in termini apocalittici…
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leonardolugaresi ha detto:
Invidio il suo ottimismo e la serenità che immagino ne derivi. Purtroppo per me, vedo una realtà diversa.
Faccio però notare che se l’interpretazione giusta del discorso del papa su Aupetit fosse quella che “zezzag” e lei date, esso dovrebbe scandalizzarci ancora di più per l’accusa obliqua e infamante a carico dell’arcivescovo, non supportata da alcuna prova, neanche nella forma del pettegolezzo sputtanante, che conterrebbe. Secondo voi, se capisco bene, il papa infatti avrebbe lasciato intendere: “altro che carezze alla segretaria! Quello ne ha fatte ben altre … basta, ci sono cose che voi umani non potete neanche immaginare”. Un po’ troppo diabolico, per una testa grezza. Non le pare?
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Ubi humilitas, ibi sapientia. ha detto:
No no. Nella sua buona volontà, faciloneria, grossolanità, ha imbastito parole di contorno ma il senso è che dal suo punto di vista teologico-morale i peccati della carne son bazzecole rispetto ad altro della vicenda (che noi non sappiamo e lui non dice; e che se dicesse in stile colloquiale sarebbe peggio).
Poi magari, quando è tra le persone che lo affiancano si esprime compiutamente (o almeno quelle sanno capirlo meglio).
P.S. Altro della vicenda non si intende cose della carne, ma proprio “altro”…
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leonardolugaresi ha detto:
Non mi sono spiegato bene, però avevevo inteso bene: è chiaro che nella vostra interpretazione il “ben altro“ si dovrebbe riferire a peccati di tutt’altro genere, ma la perfidia luciferina dell’infamare senza averne l’aria e senza portare alcuna prova resterebbe tutta. Anche se papa Bergoglio avesse voluto dire: «altro che toccare il culo alla segretaria!» (così aggiungo di mio un tocco di volgarità in più e faccio fare miglior figura a lui) «quello faceva ben altro che non vi dico» e avesse voluto dire, che ne so, che Aupetit è «un rigido» – che mi pare sia uno dei peccati peggiori, se non il peggiore, nella sua concezione – beh, direi che ci sarebbe proprio da scandalizzarsi. Tutto sommato, su questo, paradossalmente va a finire che di lui penso meglio io di voi :-).
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Ubi humilitas, ibi sapientia. ha detto:
Effettivamente pensa meglio lei che lo vede con un pizzico di perfidia, che io, che lo dipingo quasi come un cogl… 🙂
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Maria Cristina ha detto:
“In Francesco ci vedo Pietro ” . Certo goffaggine, ignoranza, una certa spavalderia ,erano caratteristiche del pescatore Simon Pietro, ma insieme a sincerita’ lealta’ amore vero verso Il Rabbi.
Ma questo era l’ uomo , poi Pietro e’ stato investito dalla Grazia Divina ed e’ cambiato . Il Pietro di prima non e’ piu’ il Pietro di dopo, e non per merito suo ma della Grazia
Quello che lascia sconcertati di Bergoglio e’ che sembra non essere affatto cambiato Ogni papa non puo’ rimanere interamente identico a se stesso e ai propri difetti e limiti umani .
Quello che a me sconcerta di Bergoglio e’ che un uomo che sembra privo della Grazia. Un semplice uomo. Un uomo che non si trascende. Un uomo terra terra. Un uomo che puo’ stare simpatico o antipatico, ma che mai sembra ispirato dallo Spirito Santo . Umano troppo umano
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fabrizio ha detto:
Leonardo, consentimi un messaggio fuori tema per Ubi, che qualche tempo fa mi chiedeva informazioni:
finalmente ho riattivato il sito, completando la pagina “Perchè Laetare”.
Stop
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Ubi humilitas, ibi sapientia. ha detto:
Il link sul mio sito al tuo è sempre funzionante.
Condivido in pieno la pagina del “Perché”. Molto bello il video dell’Abbazia.
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Vanni ha detto:
Cosa c’entra? C’entra, c’entra
https://www.bing.com/videos/search?q=padre+nostro+in+aramaico+youtube&docid=608045950568463799&mid=98EAF0CEF17C93FD550E98EAF0CEF17C93FD550E&view=detail&FORM=VIRE
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Fiorenza ha detto:
C’è anche il san Pietro di Dante.
C’è lo sdegno di lui, di quel Pietro che, nell’alto dei cieli, “vede” la tragedia del papato dei tempi di Dante. Altrettanto bene “vedrebbe”, io credo, quella di ogni tempo: anche quella del tempo nostro, dunque. Di nuovo trascolorerebbero tutti i santi del paradiso all’udire la sua invettiva terribile, rivolta a chiunque di noi sia concesso di salire lassù e di ascoltarlo (ma non accadrà mai, non si darà mai più un altro Dante): la dolorosa e terribile invettiva contro il qualcuno che usurpa, in terra, quello che lui chiama “il luogo mio”, e che “fatt’ ha del cimitero mio cloaca”.
(“e tu, figliuol, che per lo mortal pondo / ancor giù tornerai, apri la bocca, / e non asconder quel ch’io non ascondo”).
(da Paradiso, XXVII)
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