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Ieri, sentendo tanto parlare di Santa Sofia (persino il papa ha detto di essere addolorato), non so perché mi è venuta in mente la cattedrale di Cordova. Mi sono subito recato al tempio (informatico) per consultare l’oracolo, ho digitato la formula «cattedrale di Cordova» e l’immediato responso della Wiki-Pizia è stato: «Grande moschea di Cordova». Sdeng! Prendi su e porta a casa. L’amara ironia del verdetto mi ha amaramente divertito, ma mi ha anche fatto riflettere.

Immagino che i lettori conoscano un pochino la storia di quell’edificio, che la Wiki-Pizia definisce in questi termini: «La grande moschea di Cordova, oggi cattedrale dell’Immacolata Concezione di Maria Santissima in Cordova, è una delle principali espressioni dell’arte arabo-islamica e dell’architettura gotica e rinascimentale dell’Andalusia». Presumo anche che la conoscano pressappoco così: c’era una volta questa bellissima moschea, costruita dai musulmani dopo l’occupazione di Cordoba (fine dell’VIII secolo) e poi ampliata e abbellita nel corso dei secoli fino a diventare una delle meraviglie del mondo islamico; quando i cristiani riconquistarono la città, a metà del XIII secolo, la adibirono a cattedrale e successivamente, nel XVI secolo, ne modificarono l’assetto architettonico. Oggi i musulmani (giustamente?) la rivogliono. Questa è la vulgata.

Per completezza, andrebbe aggiunto però che anche la moschea dell’VIII secolo era stata costruita demolendo una precedente cattedrale cristiana eretta dai Visigoti tre secoli prima. (E magari, chissà, prima in quel posto c’era un tempio pagano, vai a sapere …).

La prima domanda dunque è: fecero bene i musulmani a distruggere la chiesa cristiana per costruire la loro moschea? Io rispondo di no, perché al posto di un edificio in cui si rendeva al vero Dio il giusto culto ne costruirono un altro dedicato ad un culto religioso sbagliato. Fecero dunque un uso peggiore di quello spazio. Il pregio artistico dell’uno o dell’altro monumento mi pare del tutto secondario, rispetto a questo.

La seconda domanda è: fecero bene i cristiani a cambiare la “destinazione d’uso” della moschea? Sì, per la stessa ragione: di quel bene, infatti, fecero un uso migliore, e più appropriato anche rispetto all’originaria intenzione di chi l’avevo prodotto (che era di rendere culto a Dio). E fecero bene, in seguito, a modificarne la struttura? Questo non saprei dirlo; forse dovrebbero esprimersi gli esperti di arte: io da ignorante immagino che tutte le modifiche non rese necessarie dal nuovo uso se le potevano risparmiare, ma è solo un’opinione come un’altra.

Applicando lo stesso ragionamento a Santa Sofia, chiediamoci: fecero bene, a metà del XV secolo, i turchi ottomani a trasformarla in una moschea? No, fecero malissimo, per la ragione detta sopra. La tolsero infatti ai cristiani (e ce n’erano tanti allora a Costantinopoli!) che la usavano bene, per farne un uso sbagliato. E fece bene Atatürk nel 1934 a trasformare la moschea in un museo? Dal punto di vista cristiano, la cosa è indifferente: entrambi gli usi infatti sono peggiori rispetto all’unico giusto, ma si può capire che dal punto di vista islamico la decisione del laicista Atatürk sia esecrabile. Va ricordato, piuttosto, che nel frattempo i cristiani dalla Turchia erano praticamente scomparsi, e non certo per cause naturali! Il cristianesimo, che all’alba del XX secolo era ancora fortemente presente in larga parte della penisola anatolica, è stato violentemente estirpato a forza di massacri ed espulsioni nei successivi vent’anni (soprattutto per opera degli amici di Atatürk, si deve dire). Il “patriarca ecumenico” (come pomposamente si chiama) di Costantinopoli ha ormai meno fedeli di quanti ce ne siano nella mia parrocchia e in una cattedrale così grande ci starebbe sin troppo largo, se posso permettermi una battuta.

E oggi fanno bene o fanno male i turchi a ritrasformare il museo in moschea? Di nuovo, io non mi scalderei più di tanto: “questa o quella per me pari sono”, rispetto all’unico uso appropriato di una chiesa, che è di rendere al vero Dio il giusto culto. Sarei perfino propenso a trovare qualcosa di buono, nella decisione presa (certo per biechi calcoli politici) da Erdogan, se solo noi avessimo la capacità di imparare dai fatti e di conservare la memoria di ciò che essi ci insegnano.

Il buono sta nel ricordarci che è così funzionano le religioni, perlomeno quelle serie; ed è così che funziona anche il cristianesimo – che non è una religione ma è il prodotto dell’azione di Dio che si rivela all’uomo (il che se permettete fa un po’ di differenza). Le religioni occupano tempi e spazi, corpi e luoghi e la dimensione “pubblica” è ad esse essenziale. Confinarle nel privato è solo la pretesa violenta di una particolare religione che si chiama laicismo, che a sua volta ambisce ad occupare tempi e spazi, corpi e luoghi. Nel momento in cui una religione occupa lo spazio-tempo pubblico è giocoforza che emargini le altre. Il pluralismo gioioso e armonico di cui si ciancia spesso in occidente è una favola che ci raccontiamo noi prima di andare a letto per dormire sonni tranquilli, ma nella realtà non esiste. Esiste invece la necessaria convivenza, che è di per sé faticosa e problematica, e che bisogna imparare a gestire nel modo più pacifico e meno cruento possibile, ma per farlo occorre basarsi su una percezione vera delle cose.

Per farla breve e toccarla piano: se in futuro l’Italia diventasse come è ora la Turchia (ipotetica che, se preferite, potete minacciosamente declinare all’indicativo: «se in futuro l’Italia diventerà come è ora a Turchia», oppure, se siete proprio di malumore,  trasformare in una temporale: «quando l’Italia sarà come la Turchia») anche la basilica di San Pietro potrebbe (potrà) essere trasformata in moschea, se l’Erdogan di turno ci vedrà la sua convenienza.

Piuttosto che piangere per Santa Sofia, difendiamo l’uso giusto delle tante chiese che, in ogni parte del mondo ed ora anche in paesi di tradizione e di “anagrafe” ancora cristiana, vengono ogni giorno vandalizzate o addirittura distrutte. Usiamole, andiamoci sempre più spesso, teniamole aperte con il Santissimo esposto e sempre un presidio di fedeli in adorazione, opponiamoci alle svendite, agli usi impropri e ai riusi. Opponiamoci, soprattutto all’uso promiscuo, che vuole trasformarle in “spazi polivalenti” dove “ognuno prega Dio come vuole”. Questo proprio no. Perché la fede cristiana è vera e le religioni sono false.