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«Il “momento del coglione”, prima o poi, arriva per tutti. Compatiamoci a vicenda! Signori della corte, ho finito».

Questo è tutto ciò che avrei da dire, se fossi il difensore di un immaginario Piero Fassino imputato per l’ormai famoso furto di un profumo al duty free di Fiumicino. In realtà non ci sarà bisogno di una simile orazion picciola, perché nell’improbabilissimo caso che sia rinviato a giudizio sarei davvero stupito se proprio lui non trovasse un giudice pronto, mal che vada, a far valere la non punibilità per “particolare tenuità del fatto” ex art. 131 bis C.P.

Se mi permetto di pronunciare qui la mia minima arringa è solo perché il fatterello di cronaca di cui il deputato del PD si è reso protagonista potrebbe essere edificante per tutti. Ciò che rende insopportabili, letteralmente insopportabili (almeno a me) quasi tutti quelli della sua parrocchia (e la intendo non solo in senso politico, ma più ampiamente in senso “culturale“ e perfino “antropologico”) è l’habitus spocchioso, la compunzione virtuosa e vagamente ricattatoria, il sussiego permanente che li impregna e che trasuda disprezzo, pur se educatamente velato, per noi mortali, massa damnata. Tanto mi ripugna quella postura intellettuale e morale che, al confronto, perfino la balordaggine sbracata di certi altri che sono sulla piazza finisce per ispirarmi, non dico simpatia, ma almeno indulgenza. Tutte le settimane i giornali dei “buoni”, le loro trasmissioni televisive, i loro siti in rete, gli esponenti del loro “partito” sulla scena pubblica additano, in un modo o nell’altro, un puzzone da mettere alla gogna (quando non da inquisire addirittura): questo ha bestemmiato (non contro Dio, figuriamoci, ma contro i dogmi del pensiero corretto); quell’altro è stato beccato mentre faceva “una cosa orribile” (e tutto può essere “orribile”, secondo loro e a seconda dei casi: perfino mettersi le dita nel naso, tanto per dire); quell’altro non ha fatto né detto niente, ma proprio qui sta la sua colpa … Così di continuo. E ogni volta, secondo loro, noi dovremmo indignarci, se no siamo brutte persone. (Io per legittima difesa, ho deciso di non indignarmi mai, per principio, quando si indignano loro).

La mia parrocchia è un’altra. Sulla porta c’è scritto in grande: «Dio ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per usare a tutti misericordia». E vicino, scritto in piccolo da me: «Il momento del coglione arriva per tutti». Anche se nel caso specifico è quasi impossibile che io rubi un profumo al duty free di Fiumicino (non metto piede in un aeroporto da vent’anni e se mai ci ritornassi so che eviterei come la peste gli esercizi commerciali che vi si trovano), sono certo che all’occasione potrei fare di molto peggio. Per questo dico spesso il Padre Nostro, e per conto mio lo dico alla vecchia maniera: «non ci indurre in tentazione». Per questo mi sento di dire con tutta cordialità: caro Fassino, venga da noi, la porta è sempre aperta. Mon semblable, mon frère!