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Ci sono oggi, in pieno XXI secolo, due categorie di persone, assai numerose e temo in crescita, la cui esistenza dovrebbe fare problema a chi eventualmente credesse ancora all’idea di progresso, e in ogni caso deve preoccupare chunque abbia a cuore le sorti dell’umanità. Una è formata da “quelli del grumo di cellule” e l’altra dai sostenitori del diritto di aborto, oggi sulla via di essere eretto a principio costituzionale.

Con i primi non si può, propriamente, interloquire. Essi infatti dicono, in sostanza, che poiché l’embrione non sembra un essere umano non lo è. Ora, non è chi non veda che questo tipo di procedimento mentale (ho difficoltà a chiamarlo pensiero) può essere del bruto o del selvaggio, ma non appartiene all’uomo civile. La terra non sembra affatto uno sferoide, eppure lo è: l’uomo dell’età della pietra non lo sa, l’infante non lo sa, il pazzo lo nega, ma l’uomo civile di oggi lo sa e non può disconoscerlo. E la terra (che sembra piatta) è piena di cose che non sembrano eppure sono (fino alla bottiglia di candeggina, che c’è in tutte le case e non sembra pericolosa a berla, eppure lo è). C’è un livello minimo di conoscenza della realtà, che cresce con l’aumento dello scibile umano e che fa parte integrante del concetto di civiltà, diventando perciò, in questo senso, obbligatorio. Nell’età della pietra (e anche molto dopo, se è per questo) si poteva “civilmente” dubitare che fosse un essere umano ciò che non sembrava esserlo, ma oggi no. Che il prodotto del concepimento sia, sin dall’inizio della sua vita, un individuo appartenente alla specie umana il quale intrattiene da subito una complessa relazione, a livello biochimico, con un altro soggetto, l’individuo-madre, che ne sostiene la vita e lo sviluppo, è assolutamente incontrovertibile. Fine del discorso. Pertanto chiunque dica ancora grumo di cellule si mette fuori dalla civiltà umana, dichiara di essere un bruto o un selvaggio. Come uomo devoto al diritto di libertà di manifestazione (rivendicato qui anche l’altro giorno: https://leonardolugaresi.wordpress.com/2024/04/22/liberta-ma-per-tutti-non-solo-per-canfora-e-i-suoi-amici/) voglio che sia assolutamente tutelata e garantita la sua libertà di dire quella bestialità in tutti i modi possibili e immaginabili; come cristiano riconosco in lui una creatura fatta ad immagine e somiglianza di Dio e lo amo per questo; ma come cittadino sono molto preoccupato per il pericolo che rappresenta per la nostra civiltà. L’imbecillità, infatti, è tossica e contagiosa, quindi ogni volta che qualcuno dice “grumo di cellule” a un essere umano occorre quantomeno un “atto di riparazione intellettuale” per disinquinare il pianeta.

A “quelli del grumo di cellule”, quindi, non si può domandare niente, ma solo ingiungere di studiare. A questo proposito, per inciso, faccio notare che in una società civile questo è un obbligo. È vero che, a rigore, si tratta di una limitazione della libertà, ma deriva da una necessità imposta dall’esistenza stessa della società, che per andare avanti ha bisogno che i suoi membri abbiano un livello minimo di istruzione. Si dimentica spesso che per la nostra Costituzione, ad esempio, «l’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita» (art. 33 comma 2). Quello all’istruzione, dunque, non è solo un diritto ma anche un dovere a cui non si può opporre un inesistente “diritto all’analfabetismo”. Passiamo però alla seconda categoria, quella di coloro che sostengono il diritto costituzionale all’aborto, inteso ovviamente (come è obbligatorio fare tra persone civili) come uccisione di un essere umano.

A costoro sì che mi sento in dovere di rivolgere una domanda, e vorrei davvero che fosse presa per quello che è, cioè una domanda reale, non una provocazione da respingere con sdegno e inscenando uno scandalo violento e beffardo come solitamente si fa. (Il che è un modo facile, intellettualmente miserabile e moralmente squalificante, di rifiutarsi di affrontare un problema reale). Se si vuole sostenere che non è una vera domanda ma una reductio ad absurdum, occorre spiegare perché lo è, e dimostrarlo. La questione che pongo ai sostenitori del diritto di aborto è molto semplice, anche se si articola in due parti. La prima è: siete voi favorevoli o contrari al diritto di infanticidio? Se rispondete che siete contrari, vi chiedo: su che base riconoscete all’infante un diritto alla vita che negate al feto? Mi pare evidente che, ceteris paribus, la risposta deve vertere su una differenza sostanziale tra l’uno e l’altro individuo. Qual è, esattamente? Faccio notare che porre l’aborto come diritto soggettivo, anzi come diritto costituzionalmente garantito, implica sul piano teorico che eventuali limiti al suo esercizio eventualmente posti dalla legge (del tipo: fino al sesto mese e non oltre, o simili) sono sempre e comunque secondari rispetto al principio, che è quello del diritto di uccidere degli esseri umani. Quindi la domanda va posta con riferimento non solo all’embrione nei primi stadi dello sviluppo (quello che agli incivili “non smbra un essere umano”) bensì anche con riferimento al feto sino ad un momento prima dell’espulsione dal corpo della madre. Non è un caso, infatti, che il piano inclinato lungo il quale le legislazioni più “avanzate” sono già scivolate sia quello. Dunque: qual è la ragione sostanziale per cui il feto al nono mese non ha diritto alla vita e il neonato sì? Aspetto la risposta.

Se invece mi dite che sì, in effetti siete favorevoli anche al diritto di infanticidio, prima mi congratulo con voi per la lucidità mentale e per l’onestà intellettuale che dimostrate e vi assicuro che, come sopra, difenderò il vostro diritto di propugnare questa tesi; poi però darò l’allarme e cercherò di starvi il più possibile alla larga perché siete delle persone molto pericolose.

Per come la vedo io solo due posizioni sono coerenti e degne delle “persone civili”: una afferma il diritto alla vita di tutti gli esseri umani (pur rendendosi conto che il mondo non funziona affatto così e che comunque anche tale diritto incontra un limite nel diritto alla legittima difesa); l’altra afferma il diritto alla vita solo di chi se lo guadagna, cioè di chi è in grado di difendersi. (Dunque in realtà afferma non un diritto, ma un dato di fatto). Le persone che vogliono questo sono civili e malvagie; quelle che vogliono il diritto alla vita per tutti sono civili e non dico che siano buone, perché come diceva Gesù: “uno solo è buono e voi siete tutti cattivi”, ma si sforzano di essere decenti. Gli altri non capiscono neppure di che cosa si sta parlando.

(NB: questo è un blog di nicchia e i suoi pochi lettori sono mediamente molto intelligenti. Quindi non ci sarebbe bisogno di far notare che ho accuratamente evitato di chiamare in causa il concetto di persona, che aprirebbe un dibattito complesso: per quello che sto sostenendo mi basta e avanza l’inconfutabile definizione di individuo appartenente alla specie umana).