Frammento di una conversazione tra due ciclisti tutti bardati che mi hanno velocemente oltrepassato mentre camminavo questa mattina: «Quest’anno non ho fatto gli auguri a nessuno … gli altri anni li facevo io … quest’anno ho voluto vedere, e non si è mosso nessuno …».
Per fare le cose, anche le più semplici, anche le meno difficili, a noi uomini occorre una ragione. (Don Giussani avrebbe forse precisato: una ragione adeguata). Genus humanum arte et ratione vivit: è la nostra gloria, questa ed anche la nostra croce. L’uomo vive da uomo, e fa cose da uomo, solo se ha una ragione: se la ragione è buona, è possibile (o probabile) che anche la cosa sia buona; se la ragione è cattiva, è quasi certo – salvo che Dio non si metta in mezzo, come talvolta gli piace fare – che anche la cosa sarà cattiva. Ma comunque una ragione è necessaria. Spesso non basta: ci vuole anche un’affezione al motivo che la ragione riconosce per compiere l’azione, specialmente se questa è faticosa, molesta o pericolosa. E siccome l’affezione, vivissima nell’infanzia, si atrofizza col tempo se non viene coltivata, occorre talvolta un’ascesi che l’abbia resa abbastanza forte.
Se no, le cose finisce che non si fanno: neanche le più semplici, neanche le meno difficili. Che “ragione” hanno quasi tutti, oggigiorno, per farsi gli auguri? Per dire plausibilmente Buon Natale o Buona Pasqua, bisogna avere almeno la convinzione che Natale e Pasqua siano qualcosa di effettivo … e Buone Feste, come oggi improbabilmente molti si augurano, che cos’è mai se non un puro flatus vocis? Si può fare, naturalmente, per abitudine o per qualche altro motivo da niente … ma anche no.
Ecco, forse la china su cui scivola e lentamente si decompone la nostra società, si potrebbe etichettare con questa formula: “anche no”.
(Un giorno il ciclista tutto bardato magari si accorgerà di non avere ragioni adeguate neanche per fare tutta quella fatica e starà a casa a spippolare sulla tastiera).
Maria Cristina ha detto:
Pascal dice che il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce .
E’ questa forse l” affezione” quel qualcosa di più: che si aggiunge alla ragione . L’ uomo di oggi come di ogni epoca non ha perso il cuore: la ragione e’ stanca, le fedi vacillano , come disse Mallarmé: la carne e’ triste ahimè e abbiamo letto tutti i libri . Ma tuttavia ancora sussiste qualcosa nel cuore dell’ uomo post-moderno occidentale che lo spinge oltre il nihilismo attuale a ripetere certe azioni , a essere fedele alla tradizione, ripetere i gesti immemorabili, seguire simboli di cui forse non sa piu’ il significato.Dal cuore e’ piu’ difficile sradicare le ragioni del cuore che dalla mente le ragioni della mente. Per questo la nostra societa’ che si decompone conserva tuttavia degli impensati rigurgiti di nostalgia : ho visto molti a Pasqua portare a benedire le uova .
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leonardolugaresi ha detto:
Grazie! Sull’affezione ci sarebbe tanto da riflettere e da approfondire.
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Maria Cristina ha detto:
Il nostro cuore dolente e desolato ,di uomini ormai sradicati e allontanati a forza dalle loro radici e dalla loro storia, dalla loro fede e dalla loro religione , sente tuttavia la ” ragione” e l”affezione” per compiere certe azioni . Compiendole ci sentiamo legati al passato di avi morti e sepolti eppure ancora viventi nei nostri cuori.La Morte e la Vita si sfidano a duello come dice la Sequenza Victime Paschali laudes, e vince il Signore della Vita
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Alessandro ha detto:
Anch’ io fatico a fare gli auguri per il Natale o la Pasqua. Che senso ha farlo se ci si rivolge a non credenti? Chi non crede abbia la coerenza di fare gli auguri di buon inizio di primavera e smettano di riferirsi alla Pasqua. Vogliono una società secolarizzata ed uno Stato laico, giusto?
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Fiorenza ha detto:
Sì sì, Alessandro, e ce l’hanno già, quella “coerenza”.
Non dicono più “Lunedì dell’Angelo”: ti augurano “Buona Pasquetta”.
Pasquetta…
Che è mille volte peggio di “buon inizio di primavera”.
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leonardolugaresi ha detto:
Un amico mi segnala che il tennista Sinner nelle dichiarazioni alla stampa subito dopo la sua vittoria al torneo di Miami ci ha tenuto a fare gli auguri di Buona Pasqua. Questo mentre la Casa Bianca era preoccupata unicamente di far sapere al mondo che il 31 marzo 2024 per loro era la giornata della visibilità transgender, qualunque cosa ciò voglia dire.
Parafrasando Pascal, sopra citato da Maria Cristina, si potrebbe commentare che evidentemente Sinner ha delle ragioni che Biden non conosce.
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Maria Cristina ha detto:
io credo che l’ Intelligenza Artificiale e gli algoritmi non potranno mai prevalere sull’ essere umano. E lo credo non solo perche’ sono cristiana ,ma perche’ credo ,nonostante tutto ,nell’ uomo: l’ uomo di ogni epoca ,persino quello delle epoche prima della venuta di Cristo,persino quello delle caverne , aveva scritto nel suo cuore le parole eterne del Verbo. L’ uomo creato a immagine e somiglianza di Dio non potra’ mai essere asservito alle macchine, alla tecnologia.
E l’ uomo di oggi benche’ si creda tanto diverso dai suoi predecessori e’ simile a loro : si innamora, si commuove se gli nasce un figlio, ha paura della malattia e della morte, confida in Qualcuno piu’ grande di lui, Lo prega .
L’ uomo moderno, benche’ lo si voglia schiavo della tecnologia , alla fine fine non potra’ essere schiavizzato dai poteri forti .
lL’ anelito al Vero, al Bene, al Bello e’ inciso nella coscienza di ogni uomo.
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Fiorenza ha detto:
“Frammento di una conversazione tra due ciclisti tutti bardati”:
“due ciclisti bardati”!
Dice tutto, tutto. Memorabile.
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Fiorenza ha detto:
Sospetto: che quello che ho scritto qui sopra possa sembrare ruffiano.
I ragazzi di un Istituto mi insegnarono che essere stati ruffiani è una colpa imperdonabile.
Mi pento e mi dolgo.
Ma non basta, perché continuo a pensarlo.
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Fiorenza ha detto:
Allora, “per fare le cose occorre una ragione, tu dici, “una ragione adeguata”. Ma, aggiungi poi, occorre anche un’ “affezione”: “un’affezione” al motivo che la ragione riconosce per compiere l’azione”.
La parola “affezione” un po’ la capii -almeno per quello che allora mi era necessario, o per quanto avevo bisogno di capirla io- soltanto quando si leggeva il Paradiso di Dante:
“e poi potesti da Piccarda udire che l’affezion del vel Costanza tenne”.
“L’affezione del velo”!
Ora: il “punto” (inteso come il “punctum”, distinto dallo “studium”, di cui parlava Roland Barthes in “La camera chiara”, quello che gli faceva riconoscere, tra centinaia di fotografie di sua madre, la vera immagine di lei) per me è stato proprio questo: “l’affezion del vel” (l’affezione) con cui la maestra Beatrice cerca di far vedere a Dante quello che lui non ha compreso subito, non è affatto quel moto di indistinto sentimentalismo che a noi, viventi ormai al di sotto di noi stessi, potrebbe venire in mente con centinaia di esempi (” centinaia di fotografie”) nel leggere o nel sentir pronunciare la parola “affezione”.
Per farci capire meglio, nello stesso canto IV, nel momento in cui Dante si volge infine, colmo di una gratitudine inesprimibile, alla sua maestra, il poeta fa risuonare, di nuovo, quella stessa parola, “affezione”:
“non è l’affezion mia tanto profonda, / che basti a render voi grazia per grazia”.
Dante come una specie di aiuto, di bussola per orientarci, di puntello per la nostra (la mia) assenza di chiarezza o di reale forza interiore? Dante come una lente che corregga una pallida e ormai offuscata visione? Eh, perché no? Io non vedo in questo, tra i mille e uno dei modi di leggerlo, niente di cui scandalizzarsi. Parlo solo per me, evidentemente.
Un esempio: il fatto è che solo la memoria improvvisa dei versi che ho citato ora ha “tradotto” per me, all’istante, queste altre tue parole di oggi che, a prima vista, mi erano suonate strane (estranee), inspiegabili e incomprensibili: “l’affezione, vivissima nell’infanzia, si atrofizza col tempo se non viene coltivata, occorre talvolta un’ascesi che l’abbia resa abbastanza forte”.
Ah, qui, volendo, ci sarebbe da parlare per ore, ma io non voglio. Perché? Perché non è più necessario. Che bellezza!
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leonardolugaresi ha detto:
Grazie di questo commento, che fa proseguire la nostra comune scuola dantesca.
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