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A quanto pare, il segretario del PD, Enrico Letta, dice che la proposta di legge Zan non s’ha da toccare: deve essere approvata così com’è uscita dalla Camera, senza che il Senato si azzardi a fare alcuna modifica.

Questo alla faccia della costituzione repubblicana, che invece prevede come “normale” la doppia lettura di ogni progetto di legge da parte dei due rami del parlamento, appunto per assicurarne l’emendabilità fino a conseguire la miglior fattura possibile. Alla faccia anche del popolo sovrano (si fa per dire), che pochi anni fa respinse per via referendaria una riforma costituzionale che tale doppia lettura voleva abolire.

Nulla conta, evidentemente, per Letta e per i suoi, che tutte le persone serie, di qualunque orientamento ideologico e politico siano, riconoscano che il testo di quella proposta di legge è scritto male e andrebbe emendato. Lasciamo pure da parte le posizioni di coloro che ritengono che essa sia radicalmente sbagliata (io, per quel nulla che conta, sono fra questi, per molte ragioni che ora non sto a dire in quanto non sono pertinenti al punto che qui mi interessa mettere a fuoco. Legga, chi vuole conoscerne una, l’editoriale di Luca Ricolfi sul Messaggero del 3 luglio scorso). Mettiamoci invece nei panni di chi pensa che una legge di quel genere sia opportuna: nemmeno loro – ripeto – se conoscono la materia e sono intellettualmente onesti, possono negare che il testo uscito dalla Camera sia malfatto. Malfatto, si noti bene, anche dal punto di vista degli obiettivi che – almeno dichiaratamente – si propone. (Se invece gli obiettivi fossero ben altri, tenuti nascosti, allora può anche darsi che sia una legge scritta benissimo, ma in questo caso l’immoralità e il crimine starebbero nella truffa consumata ai danni del popolo italiano).

Il legislatore che scientemente, in nome di suoi interessi particolari, approva una cattiva legge (intendendosi per tale anche una legge malfatta) è moralmente abietto, quanto lo è un giudice che emette una sentenza volutamente ingiusta o un medico che applica al paziente una terapia che sa essergli nociva. Compie, cioè un atto criminale ai danni della società che è particolarmente odioso in quanto consiste nella perversione del suo compito specifico. Che l’ordinamento giuridico non possa sanzionare il cattivo legislatore, non significa che quel crimine non pesi come un macigno sulla sua coscienza, se ne ha una ancora in funzione.

Poiché non credo che il segretario Letta possa ignorare i difetti della proposta di legge Zan, rifiutare di emendarli e pretendere che un cattivo testo diventi legge, pur di conseguire non so (e non mi interessa) quale vantaggio partitico, costituisce dunque per un uomo politico un atto gravemente immorale. Per la coscienza di un cattolico, quale presumo che Letta si consideri, un peccato mortale.

C’è da augurarsi, innanzitutto per il nostro paese (ma un po’ anche per lui), che vada a sbattere.