Ieri sera, a quanto pare, la breaking news mondiale era: “il papa è favorevole alle nozze gay”. È una mezza bufala, a quanto pare, nel senso che ieri il papa non ha detto niente, ma è stato divulgato un film che contiene spezzoni di una sua intervista di un anno fa. Chi vuole saperne di più può leggere su La Nuova Bussola Quotidiana di oggi un dossier di articoli che ad una prima lettura mi sembra valido.
Comunque stiano e comunque vadano le cose, resta il fatto che la “notizia”, per la gran parte del pubblico rimarrà quella di cui sopra, e che di conseguenza il tasso di confusione nella chiesa, già alto, aumenterà ancora di qualche tacca. Confesso di non essere più molto appassionato a questo tipo di vicende (forse perché ormai ci ho fatto il callo) ma azzardo solo una piccola osservazione. Credo che il problema che abbiamo sia che di papi ce ne sono tre. O per meglio dire, quando pronunciamo la parola “papa”, si possono intendere tre cose diverse.
La prima è la funzione e l’istituzione che concretizzano storicamente il principio petrino, cioè quell’istanza ultima di salvaguardia e promozione della fede che Gesù Cristo stesso ha voluto e posto come fondamento della chiesa. La chiesa – l’unica vera chiesa (non qualsiasi comunità cristiane a cui per convenzione oggi si attribuisca tale denominazione) – è tale in quanto è apostolica, cioè fondata sul collegio degli apostoli scelti da Gesù e sui loro successori. In seno e in comunione con il collegio apostolico, il Signore ha voluto che Pietro avesse una funzione primaziale di garanzia e conferma della fede, assistita da una speciale Sua grazia (cfr. Lc 22, 31-34). La forma concreta di espressione e di esercizio di tale munus petrino è molto cambiata nel corso dei secoli (come sa bene chiunque conosca anche solo i primi rudimenti di storia della chiesa): il papa, così come lo conosciamo oggi, non c’è sempre stato, ma per noi cattolici lo sviluppo della storia della chiesa, almeno nel suo insieme e nelle sue grandi linee, è dotato di un significato teologico perché crediamo che lo Spirito agisca e guidi tale sviluppo storico. Dunque oggi il papa è quella funzione e quella istituzione che si è andata conformando nel corso dei secoli fino al culmine della definizione del dogma della sua infallibilità ex cathedra da parte del Concilio Vaticano I.
Si usa spesso parlare di sovranità come caratteristica essenziale dell’attuale forma di espressione del principio petrino e questa idea è ben radicata nella mente dei fedeli, ma spesso viene malamente tradotta più o meno così: “il papa può fare e dire quello che vuole perché è il papa, e buon cattolico è solo chi lo segue sempre e comunque”. In realtà, la presunta sovranità di Pietro consiste solo ed esclusivamente nella sua totale ubbidienza a Cristo. Il papa non solo non può fare e dire quello che vuole, ma può fare e dire esclusivamente quello che vuole il Signore. A Pietro, Gesù ricorda che quando era giovane (cioè quando non era il “papa”) si cingeva la veste da solo e andava dove voleva, ma da vecchio (cioè da “papa”) tenderà le mani e un altro lo porterà dove lui non vorrà (cfr. Gv 21, 18). La chiesa sa e insegna solo quello che il suo Maestro le ha insegnato e che la tradizione ha trasmesso, meditato e approfondito: il papa questo solo sa e può dire da papa. Al di fuori di questa totale soggezione al suo Signore, non ha alcun potere. Se “il papa”, per assurdo, facesse un’enciclica per dichiarare che il Figlio non è della stessa sostanza del Padre, non sarebbe il papa a parlare e quell’enciclica, pur con tutti i sigilli e le ceralacche del mondo, non sarebbe magistero.
Il secondo papa è la persona che pro tempore esercita quella funzione e incarna, per così dire, quella istituzione. Il suo dovere è di lasciarsi inchiodare a tale croce, sacrificando continuamente la sua soggettività al compito oggettivo che gli è stato scaricato sulle spalle. Questo è difficilissimo, anche perché ciò non può voler dire (sarebbe inumano) che egli debba rinunciare alla sua personalità. Joseph Ratzinger, che era perfettamente consapevole della delicatezza di questo nesso tra persona e istituzione, quando ritenne di dover scrivere, da Benedetto XVI qual era, dei libri (peraltro di fondamentale e colpevolmente da noi trascurata importanza) su Gesù Cristo, lo dichiarò esplicitamente nell’introduzione: “ognuno è libero di criticarmi, perché in questo momento sto parlando da ‘dottore privato’ non da papa”. (Chiese solo un “anticipo di simpatia”, che non gli fu accordato). Il nostro dovere è pregare perché la persona che temporaneamente fa il papa lo faccia nella maniera migliore e non impicciarci troppo di come lo fa: questi sono affari suoi e di Dio (con il quale i conti li dovrà regolare lui). Quanto al resto, la persona che fa temporaneamente il papa è una persona come le altre, verso la quale non possiamo che avere lo stesso atteggiamento che dovremmo avere verso tutti i nostri fratelli nella fede. Può piacerci o non piacerci, possiamo stimarla più o meno, ma tutto questo è accidentale. Osservo solo che la stragrande maggioranza di noi dovrebbe anzitutto rendersi conto di non conoscere veramente quella persona. Chi è veramente Jorge Mario Bergoglio? Io mica lo so. Non gli ho mai parlato, addirittura non l’ho mai visto di persona (con Karol Wojtyla ho parlato una volta, e con Joseph Ratzinger pure, ma quando ancora non era papa, ma entrambe le volte, ovviamente, solo per pochi istanti). Posso solo dire che quel poco che conosco di Bergoglio non lo capisco e non mi fa venire neanche il desiderio di conoscerlo meglio. Non so e non capisco che cosa pensi veramente, e quale sia la sua posizione su tante cose, perché mi pare che dica e faccia cose diverse e in contrasto tra loro. Non capisco certe cose che fa, e certe cose che dice se fossi in lui non le direi, ma insomma non è mica obbligatorio che questo papa mi piaccia quanto mi piacevano i suoi predecessori e non è affar mio il modo in cui lui fa il papa. Mi basta sapere che se un giorno, per assurdo esempio, facesse un’enciclica con dentro tutte le boiate che in questi anni il suo amico Scalfari gli ha messo in bocca, quella non sarebbe un’enciclica del papa, pur con tutti i sigilli e le ceralacche del mondo.
Il problema è il terzo papa, quello mediatico, che è poi quello che in realtà tutti conosciamo e che rischiamo di confondere col primo e col secondo. Quest’ultimo papa, che in fondo altro non è che un “pupazzo mediatico”, si è gonfiato a dismisura negli ultimi decenni, di pontificato in pontificato, e io credo che uno dei più gravi – e meno avvertiti! – problemi della chiesa di oggi sia proprio quello di come regolarsi nei confronti di tale mostruosa ipertrofia. Il punto è che la forma, i connotati, la postura, i gesti, le parole, in sintesi la comunicazione di cui tale pupazzo è l’interprete sono decisi fuori dalla chiesa, da altre agenzie e secondo altri criteri. Non conta nulla se a gonfiare il pupazzo ci siano anche degli ecclesiastici di buona (o non buona) volontà: siamo comunque fuori da quel “recinto di prossimità a Cristo” che la comunione ecclesiale ha sempre difeso e custodito. Fuori dall’ovile, fuori dal cenacolo. Quel papa lì – che, ripeto, sciaguratamente è il solo che quasi tutti conoscono – è fuori. Oggi con Bergoglio il problema è divenuto macroscopico, ma l’ipertrofia o la deformazione mediatica era cominciata già da prima: con Ratzinger, con Wojtyla, con Montini, con Roncalli, con Pacelli … L’incidente di ieri, che non è il primo e non sarà l’ultimo, è solo l’ennesima conferma di una situazione patologica che si fa sempre più grave.
Io non sono nessuno e non ho alcun tipo di autorevolezza, ma da semplice battezzato penso che un radicale ripensamento delle forme espressive del munus petrino e del suo rapporto con il sistema della comunicazione sarebbe quanto mai urgente.
IMMATURO IRRESPONSABILE ha detto:
Quando si è imposta la definizione “ospedale da campo” (p. Arrupe, colpevolmente lasciato impunito…) alla Chiesa, con l’ aggiunta “in uscita”, quale delle tre essenze papali (ottimo schema il suo, professore!) ci possiamo aspettare di vedere guidare questa gita “fuoriporta” ? Il terzo pontefice, non eletto da cardinali, ma dai vecchi tromboni anticattolici ; da presbiteri odiatori della civiltà occidentale che essi hanno deciso (molti anche in buona fede) essere la causa del male nel mondo; da teologi modernisti, che, tollerati (mi trattengo, ma il primo verbo che mi è venuto in mente era un altro) da Ratzinger, cardinale e Papa, hanno conquistato università e seminari; da tutti i miei conoscenti che, senza per ciò nemmeno ri- riavvicinarsi a una chiesa nè tanto meno ai sacramenti, hanno salutato Francesco per le suè “novita”; da tutti costoro, una volta utilizzato, il Papa numero 2 verrà gettato via nell’ indifferenziata. Allora comanderanno gli eretici conciliaristi, il cui motto sarà: fedeli, non votate a destra (per ora), non bevete in bottiglie di plastica, cedete le chiese vuote ai fratelli islamici; e per il resto………..fate un po’ come c…vi pare!
Certo per Fede dobbiamo credere che un Papa-Pietro ci sarà ancora, e sempre.
Scusate, mi è uscito più uno sfogo che un commento.
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Maria Cristina ha detto:
Ilproblema e’che critica il papa n.3 cioe’ il papa mediatico viene additato come “nemico del papa” tout court, e questo significa fra l’altro che il papa n.2 cioe oggi Bergoglio viene identificato dagli stessi vescovi e cardinali con il papa mediatico .
E coloro che rispettosamente tentarono di esternare i dubia pensando di rivolgersi al papa numero due nei modi canonici, ,come il card. Caffarra, vennero sbattuti in prima pagina e additati come pericolosi ribelli,dalla corte del flantoccio papale mediatico insomma temo che con Bergoglio il papa 2e il fantoccio mediatico siano la stessa cosa.
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Ubi humilitas, ibi sapientia. ha detto:
Mi dispiace dirlo, ma vedo la Chiesa gerarchica in preda al caos assoluto.
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sircliges ha detto:
Dal testo della relazione di Mons Gasser, segretario nel Concilio Vaticano Primo ai lavori sul dogma dell’infallibilità del Papa:
(purtroppo non mi risulta esista una traduzione italiana, ne avremmo davvero bisogno, questa è una traduzione inglese; l’originale è ovviamente in latino)
https://sites.google.com/site/thetaboriclight/official_relatio
« Note well. It is asked in what sense the infallibility of the Roman Pontiff is “absolute.” I reply and openly admit: in no sense is pontifical infallibility absolute, because absolute infallibility belongs to God alone, who is the first and essential truth and who is never able to deceive or be deceived. All other infallibility, as communicated for a specific purpose, has its limits and its conditions under which it is considered to be present.
The same is valid in reference to the infallibility of the Roman Pontiff. For this infallibility is bound by certain limits and conditions. What those conditions may be should be deduced not “a priori” but from the very promise or manifestation of the will of Christ. Now what follows from the promise of Christ, made to Peter and his successors, as far as these conditions are concerned? He promised Peter the gift of inerrancy in Peter’s relation to the Universal Church: “You are Peter, and on this rock I will build my Church, and the gates of hell shall not prevail against it …” (Mt. 16:18). “Feed my lambs, feed my sheep” (Jn. 21:13-17). Peter, placed outside this relation to the universal Church, does not enjoy in his successors this charism of truth which comes from that certain promise of Christ.
Therefore, in reality, the infallibility of the Roman Pontiff is restricted:
1. by reason “of the subject,” that is when the Pope, constituted in the chair of Peter, the center of the Church, speaks as universal teacher and supreme judge;
2. it is restricted by reason of the “object,” i.e., when treating of matters of faith and morals;
3. and by reason of the “act” itself, i.e., when the Pope defines what must be believed or rejected by all the faithful.
Nevertheless, some of the most reverend fathers, not content with these conditions, go farther and even want to put into this constitution conditions which are found in different ways in different theological treatises and which concern the good faith and diligence of the Pontiff in searching out and enunciating the truth. However, these things, since they concern the conscience of the Pontiff rather than his relation [to the Church], must be considered as touching on the moral order rather than the dogmatic order. For with great care our Lord Jesus Christ willed that the charism of truth depend not on the conscience of the Pontiff, which is private – even most private – to each person, and known to God alone, but rather on the public relation of the Pontiff to the universal Church. »
Da fedele raziocinante, con qualche rudimento di teologia, provo a sviluppare il concetto. Non è infallibile tutto ciò che un Papa dice, ma soltanto ciò che rispetta questi tre requisiti:
1. Soggetto
2. Oggetto
3. Atto
Questa è la mia interpretazione. Correggetemi se sbaglio.
1. SOGGETTO: “quando il Papa, costituito nel trono di Pietro, il centro della Chiesa, parla come pastore universale e supremo giudice”.
A mio avviso, questa condizione non indica semplicemente che chi parla debba essere proprio il Papa e non un altro. Fosse solo questo, sarebbe una condizione praticamente tautologica dunque inutile. Ritengo invece che ciò significhi che il Papa deve agire in quanto Papa, ovvero deve esprimersi in una forma che è propria del Papa e di nessun altro: per esempio un’enciclica, o una bolla, insomma un documento ufficiale che per sua natura può validamente provenire solo “dal trono di Pietro”.
Insomma, un’intervista o un libro NON rientra sotto l’infallibilità, perché chiunque può rilasciare un’intervista o scrivere un libro. Neppure una semplice omelia rientra sotto l’infallibilità, perché omelie ne tiene qualsiasi prete. Perciò un Papa, quando si esprime con questi medium, NON è infallibile: può dire cose sbagliate, ed i fedeli rettamente formati possono correggerlo e criticarlo, e si può dire “il Papa ha errato” senza che questo implichi che il dogma è falso e dunque che sia falsa tutta la religione cattolica.
2. OGGETTO: “quando si tratta di materia di fede e morale”.
Il Papa è infallibile solo quando parla di questi argomenti. Se invece si esprime su altri argomenti, es.
se il sole giri attorno alla terra o viceversa, se il riscaldamento globale esista e se sia causato dall’uomo, quale sia il limite di stranieri che una nazione può accogliere senza danno per gli autoctoni…
Tutte queste materie esulano da fede e morale (quest’ultimo ambito andrebbe meglio definito, per non far rientrare dalla finestra quello che facciamo uscire dalla porta) e dunque non possono mai formare oggetto di magistero infallibile; se il Papa si esprime al riguardo, esprime sempre un’opinione personale, anche ove l’opinione fosse inserita in un’enciclica o altro atto di magistero.
3. ATTO: “quando il Papa definisce cosa deve essere creduto o rigettato da tutti i fedeli”.
Questa condizione implica che ciò che è detto dal Papa sia:
– DEFINITORIO; una definizione è qualcosa che indica dove “finisce” un significato. Questo è molto importante perché una definizione per sua natura deve essere univoca, non ambigua. Se il Papa usa un’espressione ambigua che non si capisce se voglia dire A o B, il fedele può opporre che questa non è una definizione e dunque come facciamo a credere a qualcosa se non sappiamo neppure cosa?
– OBBLIGATORIO; qualcosa che è presentato ai cattolici come vincolante. Se vuoi essere cattolico, devi credere che questo sia vero o falso, e chi non ci crede non è cattolico. Questo esclude a priori che tutto ciò che viene presentato come “pastorale e non dottrinale” sia infallibile, perciò di qualsiasi insegnamento “pastorale e non dottrinale” si può dire che sia falso senza che ciò contraddica il dogma.
– UNIVERSALE; qualcosa che non è detto soltanto a Tizio o Caio, ma a tutti i fedeli. Per esempio, se il Papa in un discorso rivolto ad una singola persona le dice che può lecitamente commettere un peccato mortale, oppure nega un dogma della fede… questo, se dovesse accadere, sarebbe certo molto triste, ma non significherebbe né che il male è divenuto bene né che il falso è divenuto vero. Semplicemente, il Papa avrebbe commesso un peccato di cui risponderà a Dio.
Queste sono le condizioni entro cui opera il dogma dell’infallibilità. Quando manca una sola di queste condizioni, il Papa non è infallibile, dunque i fedeli cattolici:
● possono dire “è falso”, senza dover sottostare al rimprovero “eh no se sei cattolico devi per forza credere che sia vero”;
● possono dire “è comunque il Papa”, senza dover credere che abbia perso l’ufficio di Papa o non lo abbia mai avuto.
La fede cattolica non ci obbliga a credere che il Papa non dirà mai qualcosa di sbagliato. La storia annovera anche tristi casi, es. Onorio e Giovanni XXII, in cui effettivamente un Papa ha insegnato qualcosa di sbagliato.
La fede cattolica ci obbliga a credere che il Papa non dirà mai qualcosa di sbagliato ALL’INTERNO delle condizioni di infallibilità. Questo, e solo questo, è vincolato dal dogma.
Dio non permetterà mai che un Papa insegni qualcosa di falso secondo le condizioni dell’infallibilità; ma al di fuori di queste condizioni, Dio permette al Papa di peccare, indurre al peccato, dannarsi e cooperare alla dannazione altrui. Dio permette a tutti, anche al Papa, di volgere la propria libertà al male. La grazia di stato che Dio offre ai cattolici in posizioni di responsabilità è un aiuto fondamentale, ma questo aiuto può essere accettato oppure rifiutato.
Se poi il Papa insiste caparbiamente a insegnare qualcosa che i fedeli sanno essere falso, allora gli si risponde a tono (e la storia conosce anche casi di fedeli coraggiosi che al Papa hanno risposto molto fortemente) e gli si dice: “benissimo, se lo pensi davvero, allora insegnalo in una forma che rispetta le condizioni del dogma, e vediamo se Dio te lo permette”.
Dopodiché delle due l’una: o Dio lo permette, e allora l’insegnamento era vero e i fedeli avevano torto; oppure Dio non lo permette, e allora l’insegnamento era falso e il Papa aveva torto.
(con Giovanni XXXII andò proprio così, e il Papa pur volendolo non riuscì mai ad esprimersi in forma infallibile, e alla fine ritrattò il suo errore sulla visione beatifica dei santi; il giorno dopo morì e il suo successore si affrettò a dogmatizzare la visione beatifica)
Io, come cattolico che vuole conservare integra la fede conciliata con la ragione (quella razionalità che è Cristo stesso ovvero il Logos che è fin dal principio), continuo a credere e testimoniare la fede e la morale così come la Chiesa le ha insegnate nella storia. Il Papa, fuori dall’infallibilità, dice una cosa che contraddice la fede o la morale? Ha commesso un peccato. Pazienza. Capita. Mi spiace tanto per lui; prego per lui; offro mortificazioni per lui; chiedo a Dio di ravvederlo, come fece ravvedere Giovanni XXII, oppure di mandarci un Papa migliore.
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Maria Cristina ha detto:
Caro Sircliges , sono d’ accordo con tutto ma non con l’ ultimo paragrafo, “ Il papa dice una cosa che contraddice la fede o la morale? Pazienza . Capita .mi spiace tanto per lui , prego per lui . “
Non e’ cosi ‘ semplice come dici tu. Tutto questo, pregare ecc, e’ giusto ma non basta
Bisogna che sacerdoti , vescovi e fedeli proclamino pubblicamente l’ errore papale.
Siamo d’ accordo che in seguito all’ insegnamento erroneo (non infallibile )di un papa in materia di morale i sacerdoti e i fedeli non sono tenuti a compiere tale comportamento erroneo insegnato , ma se , non concordando , venissero considerati “ scismatici” mentre ritenuti la vera Chiesa solo coloro che seguono l’ erroneo pronunciamento papale?
Se davvero si arriva ad uno scisma chi e’ lo scismatico? Ricordiamoci che il vescovo Atanasio , essendo papa e Chiesa in prevalenza ariani, venne dichiarato eretico e scismatico quando era lui nella perfetta ortodossia.
Esempio: se nelle chiese cattoliche e negli episcopati di alcuni paesi come in Africa ci si opponesse apertamente alle “ unioni gay” civili , pur raccomandate dal papa, chi sarebbe lo scismatico?
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sircliges ha detto:
Salve Maria Cristina, concordo che bisogna che sacerdoti etc. proclamino l’errore. Come avvenne anche con Giovanni XXII.
Qualcuno lo ha fatto, la maggior parte no. In questa maggior parte, alcuni tacciono con dolore, altri tacciano perchè pensano alla carriera, altri ancora questo errore lo condividono.
In questo marasma, noi fedeli laici abbiamo un, come dire, diritto di resistenza all’errore, che è poca cosa (perchè non abbiamo un ruolo gerarchico), ma che non è niente.
Anche al tempo di Atanasio la maggior parte dei chierici era eretica ma la maggior parte dei laici no. In quel caso i molti laici sostennero i pochi chierici validi. Penso sarà così anche adesso. Ma ci vorrà molto tempo.
Che il Signore ci mandi un nuovo Atanasio.
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ALESSANDRO ha detto:
Sono d’accordo con le parole del prof. ; tuttavia oltre il modo di comunicare ci troviamo di fronte ad un contenuto abbastanza chiaro.
Ad es. lodare in pubblico l’opera politica della Bonino non è un atto equivocabile.
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