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Le chiacchierate che il papa fa con i giornalisti, durante i suoi viaggi in aereo, non mi pare che siano una buona cosa. Di solito, più che la «necessaria edificazione» (Ef 4,29) sembra che generino perplessità. Anche l’ultima non fa eccezione, come rileva – con molta più competenza di me – Aldo Maria Valli in questo articolo equilibrato, rispettoso e non polemico: http://www.aldomariavalli.it/2017/12/05/ma-perche-pietro-viaggia/.

Purtroppo sono diventate ormai una prassi, sin dai tempi di Giovanni Paolo II, ed eliminarle sarebbe difficile, anche per un motivo molto “concreto”. I giornalisti che viaggiano sull’areo del papa pagano un biglietto (per giunta molto salato, tanto che, se non ricordo male, in passato ci furono anche delle lamentele), che contribuisce a sostenere le spese dell’organizzazione del viaggio. Ora, chi paga si aspetta sempre qualcosa: è una regola che vale dappertutto, anche in Vaticano.

La modesta proposta dunque sarebbe che, dalla prossima volta, il papa e i suoi accompagnatori viaggassero su normali voli di linea (avendo, ovviamente, le condizioni per la tutela della tranquillità e della riservatezza che sono necessarie) e i giornalisti si arrangiassero come vogliono. In fondo, papa Francesco ha già compiuto una quantità di gesti simbolici tesi a mostrare la “normalità” della sua persona e del suo stile di vita (la borsa portata a mano, le telefonate, la visita dall’ottico a comprarsi gli occhiali, eccetera eccetera): perché non compierne uno più sostanziale, che lo metterebbe realmente nelle condizioni di tanti altri milioni di viaggiatori e lo avvicinerebbe al modo in cui viaggiavano Pietro e Paolo?

Si dirà che in questo modo le televisioni e i giornali – dopo la prima volta in cui il cambiamento farebbe notizia –  finirebbero per “coprire” meno o addirittura smetterebbero del tutto di occuparsi dei viaggi del papa. Beh, che male ci sarebbe? Per come funziona il sistema mediatico, meno si alimenta il “papa percepito” a discapito del papa reale, meglio è per la chiesa.