Tag

, , , ,

«verrà, se resisto / a sbocciare non visto, / verrà d’improvviso, / quando meno l’avverto / […] verrà, forse già viene»: versi di Clemente Rebora, che sono sempre stati tra i miei preferiti. Volessi fare il gioco che faceva un altro poeta che amo, Umberto Saba, li metterei tra “i più belli della letteratura italiana”.

(Saba, come è noto, dava la palma a «la bocca mi baciò tutto tremante», ex aequo con un improbabile «l’uno buggera l’altro, Santità» attribuito a Belli e forse messo lì per far capire che queste medaglie sono sempre date un po’ per scherzo. Per parte mia, sul podio accanto ai versi di Rebora, farei salire «Amore, amore / lieto disonore», distico perfetto di Sandro Penna).

Curioso, però, che io li ricordassi male: nella mia mente affioravano così: «verrà, se resisto / a spiare non visto». Perché spiare? Forse ha influito l’inconscia reminiscenza di un’altra poesia del ‘900 italiano, Come Zaccheo di Montale: «Si tratta di arrampicarsi sul sicomoro / per vedere il Signore se mai passi. / Ahimè, non sono un rampicante ed anche / stando in punta di piedi non l’ho visto». Forse perché continuo a pensare più a me che a Lui.

Ma forse c’è un senso in tutto ciò: bisogna sì resistere nell’attesa («verrà, se resisto»), e aguzzare la vista “nascondendosi” alla vista altrui, perché l’attesa è interiore, o non è («resisto / a spiare non visto»). Però l’Avvento non è nell’attesa, non è l’attesa, non è il prodotto dell’attesa (come se uno dicesse: “l’ho atteso tanto, dunque viene”). No, «verrà, se resisto, a sbocciare non visto», come una fioritura che avviene quando vuole e di cui sul momento non ci si accorge neanche, «quando meno l’avverto». Quando sembra che non venga, forse è già qui: «forse già viene».

Buon Avvento a tutti.