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Se non fosse quello che è, cioè un mistero divino graziosamente rivelatoci da Dio stesso, la Trinità sarebbe il più sovrumano pensiero mai escogitato da mente umana, un “prodotto intellettuale” infinitamente superiore a tutti gli altri messi assieme. Ponete su un piatto della bilancia tutto ciò che l’uomo ha mai pensato, pensa e penserà, tutto lo scibile e tutto il cogitabile, non dimenticate niente, e mettete sull’altro il pensiero trinitario: l’uno affonderà sotto il peso e l’altro schizzerà verso la regione aerea delle cose leggere. (Per questo, detto per inciso, non ho grande stima di chi – pensatore, filosofo o fondatore di religioni – essendo venuto dopo, l’ha trascurato).

Oggi dunque si fa festa, l’unica festa dell’anno liturgico che fa memoria non di un fatto storico, ma di una realtà eterna ed immutabile (di un’idea, diremmo se fossimo platonici, ma non lo siamo). I cristiani festeggiano il fatto di sapere com’è fatto Dio, ma anche i non cristiani, se sono intelligenti, dovrebbero celebrare oggi la “festa dell’intelligenza”. Capisco però che per loro sia difficilissimo, perché pensare bene, senza la luce della rivelazione, è arduo, quasi impossibile. Invece per noi la festa è universale, perché noi possiamo ripetere le parole di Gesù: «Io ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e agli intelligenti, e le hai rivelate ai piccoli» (Mt 11, 25). Infatti la Trinità la insegniamo (si spera!) anche ai bambini del catechismo.

Per questo, come abbiamo fatto in passato, qui sul blog oggi si fa festa con questo canto popolare, nell’unica esecuzione che mi piace tra quelle che ho trovato su youtube, perché è la più veloce e allegra, proprio come dev’essere.