Sono abbastanza vecchio per ricordarmi qualcosa di com’era prima, quando la messa era in latino e compagnia bella. Ero un bambino, ma qualcosa mi ricordo. Mi ricordo, per esempio che, alla “dottrina” (come allora si chiamava “la catechesi dei fanciulli”), che cosa fosse la messa e come fosse fatta ce lo avevano spiegato e non ricordo che avessimo particolari problemi a seguirla. Ricordo anche che il parroco stava addestrando noi maschi a fare i chierichetti e quindi a imparare a memoria tutte le parti proprio quando arrivò la messa in italiano (e ricordo un certo mio disappunto per la fatica sprecata). Non ricordo che ci fosse tra i fedeli chissà quale insofferenza per la messa in latino e chissà quale spasmodica attesa per la messa in italiano: nel mio ricordo fu come una cosa decisa da chi di dovere e che si prendeva per buona, come tutto il resto, senza far storie. (Però questo è il ricordo di un bambino, chissà, magari per gli adulti era diverso).
Ricordo che il mio parroco, sempre lodevolmente intento a migliorare e abbellire la nostra modesta chiesa, aveva da poco fatto costruire una balustra di marmo attorno al presbiterio, per la comunione dei fedeli – che allora si comunicavano in ginocchio sui gradini del presbiterio, senza fare la processione perché era il prete che si spostava. Venuta la riforma liturgica la fece ben presto demolire e questo mi dispiacque: parsimonioso e conservatore com’ero fin da bambino, mi parve una cosa malfatta, anche se devo dire che il parroco riutilizzò parti della balaustra rimossa per le cappelle laterali.
Non era il migliore dei mondi, né la migliore delle chiese possibili, e sono ancora abbastanza lucido da non idealizzare troppo quel passato (che comunque non tornerà). Per esempio, ricordo bene l’abitudine che molti avevano di arrivare in ritardo alla messa, perché “tanto fino all’offertorio valeva lo stesso”; la scarsa presenza di maschi adulti e la prassi consolidati di molti di questi di restare in piedi in fondo alla chiesa, e altre cose del genere. Non ricordo assolutamente nulla delle omelie (che allora si chiamavano prediche) e questo, almeno, potrebbe essere un elemento di continuità col presente …
Comunque il punto che vorrei mettere in evidenza è un altro. Ho appena accennato alla questione della “validità della messa”, che – per quanto ricordi io – era allora molto sentita tra i semplici fedeli. Almeno quanto l’altra del digiuno eucaristico, sulla quale si era quanto mai puntigliosi. (Anche sull’astinenza dalle carni il venerdì, c’era poco da scherzare). Cose di cui adesso, nel migliore dei casi si sorride ma che più frequentemente negli “ambienti ecclesiali” vengono additate con stizza come sintomi certi di un formalismo vuoto, di un’assenza di vera e consapevole partecipazione di fede e di altri terribili mali da cui “le riforme” postconciliari ci avrebbero finalmente liberati.
Mi dispiace, ma ho un’altra impressione: con tutti i difetti e le meschinità e le miserie che anche allora ci potevano essere, una cosa era chiara per tutti: che il culto divino è cosa, appunto, di Dio e non è alla mercé di noi uomini. Tutto era obbedienza (se preferite sottomissione, mi sta bene lo stesso) nella liturgia di quel tempo. Le rubriche (sì, le famigerate rubriche) prescrivevano per filo e per segno che cosa il prete dovesse dire e fare e non ci si doveva scostare di un millimetro. Nessuna parola e nessun gesto erano di sua proprietà. E questa, ripeto, era una coscienza comune, che magari tanti non erano in grado di argomentare, ma che sentivano. Di qui la rigorosa osservanza (che oggi ad alcuni sembrerebbe un po’ maniacale) di tanti particolari, come il già ricordato digiuno prima della messa, la genuflessione nei momenti prescritti, le mille cautele nel ricevere l’ostia eccetera eccetera.
Ho seguito e sto seguendo molto poco lo svolgimento del sinodo sull’Amazzonia. Non per scelta, perché anzi di solito cerco di tenermi al corrente di quello che succede nella chiesa, ma perché non ci riesco. Purtroppo avverto una sorta di “ripugnanza istintiva” – che non mi permetto assolutamente di erigere a giudizio ma di cui prendo atto come una mia debolezza. Avevo provato a leggere il documento preparatorio, ma me ne sono staccato quasi subito, come davanti ad un testo a me estraneo. Facciano i membri del sinodo quello che ritengono di dover fare; tragga il papa le conclusioni che riterrà di dover trarre e prenda le decisioni che riterrà di dover prendere. Se avranno un riflesso diretto sulla nostra pratica cristiana ci adatteremo, come abbiamo sempre fatto.
Anche delle immagini che in questi giorni si sono viste, di strane statue portate in processione, di preti suore e frati prosternati a venerare oggetti non bene qualificati (alla presenza del papa!), e di altre cose del genere, non dico nulla, se non che mi risultano profondamente estranee a ciò che ho sempre conosciuto io come fede cristiana. Ma è il mio limite, e può essere angusto.
Però una cosa la voglio dire: quello che mi lascia sconcertato – anzi per essere più precisi mi scandalizza – è l’approssimazione, la vaghezza, per non dire la confusione che sembrano regnare a proposito di quelle azioni e di quegli oggetti che si sono visti e di cui oggi si parla tanto. Di che cosa si tratta? Di nuove forme del culto cristiano (tipo che quella donna nuda incinta è una rappresentazione di Maria)? Di culti di divinità pagane che però, essendo stata adottata la teologia del pluralismo religioso, vengono ammessi e introdotti in quello cattolico? (Ma è stata ufficialmente adottata quella teologia? Con quale atto del magistero?) Oppure sono semplici “ricordi” o simboli di realtà umane (tipo che la donna nuda incinta rappresenta il dono della vita o roba del genere) che si introducono a mo’ di offerta? O qualcos’altro? Vedo che i responsabili della comunicazione del Vaticano, ai più alto livello, nelle risposte ai giornalisti, cincischiano, balbettano, minimizzano e svicolano. In sostanza, danno l’idea che in fondo ciascuno può prenderli come vuole.
Ecco, questo è precisamente ciò che la chiesa un tempo non faceva. Sul culto divino non scherzava.
Divago, pur mantenendomi in tema…
Cappella degli Scrovegni, Padova. Giotto dipinge le Virtù e i Vizi.
La virtù Prudenza: “Evoca le vergini prudenti del vangelo, opposte alle vergini stolte; è la virtù dell’insegnante. Siede in cattedra, davanti a un libro. In una mano ha il compasso e nell’altra uno specchio: si guarda prudentemente alle spalle, imparando dalla tradizione. Ma quello specchio è anche un invito alla riflessione.
[Questo il testo dell’iscrizione: Prudentia Le cose ed il tempo con grande attenzione… si ricorda di ciò che vede…]”
Il Vizio opposto, la Stoltezza: “Un individuo fisicamente pesante ma interiormente “leggero”, inconsistente – “fatuo” dice l’iscrizione – con la testa fra le nuvole. Le penne sul capo, quelle che gli rivestono il corpo, e la mano sinistra che mima una testa di struzzo: tutto in lui evoca gli uccelli. E di cosa va a caccia con quella clava? Forse di altri volatili suoi simili?
[Questo il testo dell’iscrizione: Stultitia Lo stolto indossando le penne.. un bastone secco…]”
Qui un interessante articolo, dove potrete anche ammirare l’immagine della “Stoltezza”: http://www.engramma.it/eOS/index.php?id_articolo=%203199
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Condivido la malinconia cosi’ ben espressa dal padron di casa. Tuttavia, un ulteriore peso mi opprime; non so far capire ai credenti con cui mi confronto, che questa tristezza NON e’ affatto nostalgia (c’e’ anche quella, ma da essa non ci si deve far condizionare), no, e’ piena consapevolezza che, dopo la riforma liturgica, il culto cattolico e’ stato colpito, indebolito, e ultimamente stravolto. Il nostro culto e’ speciale, e’ unico! il Figlio si sacrifica al Padre perche’ noi ne abbiamo bisogno, e noi non possiamo offrire che la nostra accettazione di questa Grazia. La “centralita” del tabernacolo, nella Messa antica, tanto fastidiosa ai novatori, ha la sua ragione nella nostra….impotenza; quel poco o tanto che sapremo fare dipendera’ da quanta Carita’ sapremo trarre da quella Grazia ricevuta. Culto (e conseguente rito) assolutamente unico e specialissimo, quindi; da preservare con cura, per causa della NOSTRA debolezza! Certo, ci saranno altre cause per il crollo delle presenze in chiesa, ma come si fa a non notare la coincidenza con la demolizione della liturgia? perche’ questa preoccupazione viene giudicata “ultratradizionalismo”? I preti ci consolano, dal pulpito, dicendo che un tempo la partecipazione non era sincera, che l’ importante e’ l’impegno, che lo Spirito suggerira’ forme nuove, ec ec, ma, si rendono conto che tra un po’ parleranno a navate….vuote?
Forse la questione, per “tradizonali” e novatori, e’ : siamo in grado di sopportare, di reggere il fatto che la nostra religione e’ quella VERA ? forse e’ una responsabilita’ troppo grande, forse ” insostenibile” , “insopportabile”…
Scusate per la lunghezza.
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“… ci adatteremo, come abbiamo sempre fatto.” No, che non ci adatteremo: quando è troppo è troppo.
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Perchè dovremmo adattarci? E lasciari tutto in mano ai chierici? La chiesa non è la chiesa dei preti e per i preti, la chiesa è nostra, suami noi e non dobbiamo permettere che preti, vescovi o papi la tradiscono : loro fanno i clericali ma noi non siamo chierici nè ancor meno clericali. È la nistra chiesa, non di Tizio, di Caio o di Francesco, Guglielmo o Calogero!
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Beh, veramente la chiesa è di Cristo, il quale le ha dato una struttura gerarchica, scegliendo i dodici. Noi cattolici crediamo alla successione apostolica, quindi se i successori degli apostoli prendono legittimamente, nell’ambito che loro compete, delle decisioni, siamo tenuti a rispettarle. Ad esempio, se decideranno l’abolizione dell’obbligo del celibato per i sacerdoti – cosa che possono legittimamente fare – “ci adatteremo”, anche se siamo convinti che sia un grave errore. Liberi, ovviamente, di continuare a riferirci preferibilmente a sacerdoti celibi per la nostra vita spirituale, ma non di rifiutare quelli sposati.
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E se un domani decideranno le donne pretesse? Ci adatteremo?
E se un domani decideranno che si può sposarsi fra persone dello stesso sesso? Ci adatteremo?
e se un domani dunque ci ritroveremo pretigay sposti con uomini e pretesse gay sposate con donne. come già succede fra i protestanti? Ci adatteremo?
c’è un limite all’adattameno caro Prof. Lugaresi, oppure pur di salvare il principio della gerrarchia ci adatteremo a tutto?
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L’autorità di Pietro e degli altri apostoli e dei loro successori si radica nell’obbedienza a Cristo. Non avrebbero alcuna autorità se da Lui non l’avessero ricevuta ed essa consiste unicamente nel fare la Sua volontà. Quindi ci sono cose che possono fare (anche se sarebbe meglio a nostro avviso che non le facessero) e altre cose che non possono fare. È abbastanza pacifico, per esempio, che l’ordinazione di uomini sposati, per quanto possiamo considerarla inopportuna, non contrasta con la volontà di Cristo, mentre è sempre stata universale convinzione della chiesa, ribadita in modo definitivo da ultimo da papa Giovanni Paolo II, che il tentativo di ordinare delle donne lo farebbe. Perciò se domani un papa e un concilio decidessero in tal senso (ma dobbiamo pensare che questa sia un’ipotetica del terzo tipo, cioè dell’irrealtà), la loro decisione non avrebbe alcun valore, se non quello di mero potere umano sull’associazione umana di cui resterebbero dirigenti. La chiesa di Cristo non sarebbe lì.
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La chiesa è di Cristo, certamente, non l’avevo scordato ma reagivo a quelli là che la credono ” cosa loro”, e asserivo la posizione del popolo di Dio, che non dev’essere un muto gregge sottomesso, ma capace anche di contrapporre il proprio sensum fidei alle novità di cui i chierici sono bramosi, tradendo la loro missione. Lei sa meglio di me che nei primi secoli è stato il popolo a conservare la vera fede, mentre vescovi e patriarca organizzavano sinodi a modo loro e onoravano i nemici della chiesa.
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La questione dei viri probati e’ solo il cavallo di Troia per far entrare nuove e ben.piu’ radicali riforme..Certo, ci possiamo adattare ai preti sposati, ma si llude chi crede che s ia finita qui. E’solo l’inizio dello smantellamento dell’edificio millenario della chiesa cattolica.
Con la tecnica della rana bollita ,pian pianino, mentre la massa dei cattolici (la rana)non se ne accorge neppure, nentre ci adattiamo a piccole notarelle a pie’pagina, a provvedimenti solo per le ” zone in emergenza”, a variazioni minime e tutto sommato sopportabili, pian pianino , la temperatura si alza e si va verso lo snaturamento totale della chiesa cattolica.
Qualcuno predica sottomis sione, rassegnazione, fiducia totale nella gerarchia ecclesistica, altri invece reagiscono, ci sono fedeli cattolici e sacerdoti che gridano, voci nel deserto, cassandre inascoltate, attenzione al cavallo di Troia! Atten zione a chi.ha il.linguaggio mieloso della misericordia e il cuore nero di progetti nascosti.
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Ci stanno spennando lentamente ma con decisione, prima far girare il prete con le spalle al tabernacolo, poi togliere il Santissimo e metterlo di lato, non più nella posizione eminente, poi prendere la particola con le mani per abituarci alla trascuratezza nei confronti dell’Ostia, poi la confessione e assoluzione generale, a mucchio, per svalorizzare la Confessione auricolare personale, poi la noncuranza verso i peccati, non più peccati, ma debolezze caratteriali, poi la presa in giro e l’offesa per chi conservava consuetudini e rispetto “farisaici”, “pre-conciliari” ,per esempio mangiar di magro il venerdì , e ancora e ancora, fino ad arrivare a vedere francescani a culo all’aria come maomettani prostrati davanti a immagini di culti lontani, in ogni senso, tipo macumba o sincretistiche magie bianche o nere che siano. Questa sarebbe la gerarchia a cui dovremmo prestare attenzione e rispetto, non dico amore perchè sarebbe contro-natura? Fino a che punto dovremmo accettare di buona grazia lo spennamento senza lamentarci? In che momento l’obbedienza a Cristo si trasforma in obbedienza a Lutero? Abbiamo forse già passato il confine?
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Credo che un contributo utile, per riflettere sulla situazione in cui siamo, sia questo, in cui mi sono appena imbattuto: https://cooperatores-veritatis.org/2019/10/23/francesco-e-il-legittimo-romano-pontefice-nonostante-tutto/?fbclid=IwAR12KxW77teSJy8sn7if27zoOwsHgS00E9es9qnQ1utB_rr0EtqnWKOcM4k
Premesso ciò che lì viene ricordato, rimane tutto lo spazio “nella chiesa” per la discussione, la critica e, quando è il caso, anche la protesta contro tutto ciò che, in quell’articolo, viene ellitticamente compreso nella formula del “nonostante tutto”. Chi reprime questa libertà dei fedeli, certamente commette peccato.
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Apro un altro “fronte”. Arriveranno i preti sposati, arriverano donne “diaconoidi”, infine, ma non tra molto tempo, arrivera” la messa (minuscolo voluto) ecumenica; la quale sara’ cosi’ giustificata: ciascuno dara’ alla consacrazione il significato che ha “nella propria tradizione”. (non invento nulla, sono formule che ho sentito da fedeli e teologi cattolici….). Ora la tragedia e’ che la maggior parte dei fedeli, quei pochi che frequentano, ignorando il dogma della Transustanziazione, accettera’ con entusiasmo la novita’. Solo due cose potranno salvare la S. Messa: una ribellione da parte di un buon numero di preti, e il fatto che i protestanti, tra breve, saranno…….estinti.
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E a proposito della Transustanziazione c’è stato recentemente quel prete che la descriveva solo come uno deii modi di intendere la Presenza durante la messa. Il mio vecchio parroco, a dottrina, ci insegnava che tutto può cambiare nella chiesa ma rimarrebbe semore chuesa cattoluca romana, esclusa la Transustanziazione e la Presenza Reale. Povero don Nino, se vedesse dove siamo arrivati…
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Di fronte a questo suicidio immagino i commenti sprezzanti e di rifiuto delle personalità religiose musulmane e ebraiche, che già ci vedono come idolatri per le immagini che teniamo in chiesa; ora ne avranno conferma e aggravio, di cui saranno soddisfatti, come per la fine di un nemico gli uni, e l’apertura a una futura conquista gli altri. È una sciagura di cui i responsabili dovranno rendere conto a Colui che negano con fatti e parole.
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