Raccomando, a chiunque passi di qui, la lettura attenta e riflessiva di questa lettera che mons. Massimo Camisasca, vescovo di Reggio Emilia, ha inviato al quotidiano Avvenire, a proposito delle recenti vicende del Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II per le scienze del matrimonio e della famiglia:
Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II per le scienze del matrimonio e della famiglia
La lettera ha il merito di mettere a fuoco con precisione la madre di tutte le questioni che agitano in questo tempo la vita della chiesa cattolica, cioè la questione della continuità. «La continuità del magistero è la chiave ermeneutica fondamentale della vita della Chiesa», scrive mons. Camisasca, ed ha ragione perché se si accredita l’idea che ci possano essere, in ciò che la chiesa insegna, delle “svolte” o delle “novità” o delle “rotture” o delle “discontinuità” (o come altro si voglia dire per indorare furbescamente la pillola), la chiesa in quanto tale finisce di esistere. Nel II secolo, la più pericolosa delle eresie fu forse quella di Marcione, un geniale riformatore che sosteneva, con abilità e verosimiglianza, che il Dio di Gesù Cristo non c’entrava niente con quello dell’Antico Testamento e che perciò la chiesa doveva tagliare le sue radici giudaiche.
La chiesa esiste per continuare l’opera di Gesù Cristo, e per nessun altro motivo. Non per insegnare cose sempre più intelligenti e “adatte alle esigenze degli uomini del nostro tempo”. Ciò che essa insegna, pretende di insegnarlo solo perché lo ha appreso da Lui. L’autorità che rivendica per il proprio insegnamento, deriva unicamente dal fatto che non insegna del suo, ma solo ciò che ha ricevuto dal suo Maestro e che , con l’aiuto dello Spirito, essa non cessa di meditare e di approfondire. Il “progresso” o lo “sviluppo” nella “sua” dottrina non sono altro che un approfondimento della comprensione che essa stessa ne ha.
Affermare invece che vi possano essere, e di fatto vi siano nel magistero della chiesa delle rotture o delle svolte espone necessariamente alla conseguenza che esso diviene tutto opinabile. Se, per esempio, si dice che la dottrina morale di papa Francesco in materia di matrimonio, famiglia e morale sessuale è diversa e per certi aspetti in contrasto con l’insegnamento dei papi precedenti, che risulta perciò “superato” e, in definitiva, “attualmente sbagliato”, non vedo in che modo si possa evitare la conseguenza di ritenere che la stessa cosa valga anche per l’insegnamento del papa attuale. Anch’esso potrebbe domani essere superato, dunque “attualmente sbagliato”. Ora, come si può definire una dottrina “che potrebbe essere sbagliata” se non opinabile? E se questo vale su un punto, perché non potrebbe valere per tutti gli altri?
In soldoni, cioè nella comprensione semplice (ma in questo caso giusta) che la gente semplice può avere di tutto questo: “se prima dicevano una cosa, e adesso ne dicono un’altra e quella di prima non va più bene, perché dovrei fidarmi di quello che dicono adesso?”.
Rotta la continuità, mi pare che restino solo due opzioni. Una è quella che continui ad esserci la chiesa, con tutti i suoi apparati, ma priva dell’unità che viene dalla obbedienza di fede alla “verità tutta intera”. Una chiesa in cui ognuno, in fin dei conti, crede in quel che gli pare e fa quel che gli pare. Per dargli un nome un po’ altisonante si potrebbe chiamare latitudinarismo, che era una corrente sorta all’interno dell’anglicanesimo nel XVII secolo. Ecco, la comunione anglicana rende l’idea di quello che potrebbe diventare anche la chiesa cattolica in questa prospettiva. (Per dire come son ridotti gli anglicani: con tutto il rispetto, sono quelli che hanno trasformato la cattedrale di Rochester in un campo di minigolf).
L’altra è quella che sento sostenere con molto pathos da molte persone ottimamente intenzionate a restare cattoliche: “il papa ha sempre ragione!”. L’unità cattolica, secondo questa idea, sarebbe sempre sufficientemente garantita dal fatto di seguire sempre e comunque il papa. Purtroppo non è così.
È vero che bisogna riconoscere l’autorità del papa e mantenere la comunione con lui per essere cattolici. Questo, tra le altre cose, implica la necessità di affermare che il papa sia in continuità e non in una posizione di rottura con la tradizione della chiesa. Esattamente come fa mons. Camisasca nella sua lettera: «Come vescovo della Chiesa, preoccupato dell’ascolto e dell’attuazione del magistero del Papa, ho sempre cercato di leggere il pontificato di papa Francesco e i suoi documenti in continuità con i pontificati precedenti. […] Ogni Papa si radica, nella successione apostolica, sul depositum fidei e sull’insegnamento dei suoi predecessori. Non certamente per ripeterlo, ma per aprirlo, sotto la guida dello Spirito Santo, alle nuove necessità che i tempi e la vita della Chiesa urgono. Sono certo che questa è l’intenzione profonda di papa Francesco».
Lo si deve fare anche quando sembra difficile. Così, ad esempio, si deve interpretare il contenuto dell’esortazione apostolica Amoris Laetitia in continuità con il magistero di tutti gli altri papi, anche quando ciò appare, per così dire, controintuitivo. Il compianto cardinale Caffarra diceva che se il papa avesse voluto cambiare la dottrina avrebbe dovuto dirlo chiaramente. Non avendolo fatto, si è autorizzati (anzi, tenuti) a ritenere che, per quante ambiguità e giri di parole strani ci possano essere in Amoris Laetitia, la dottrina della chiesa non è cambiata.
Solo che così si salva il principio, ma non si risolve il problema, enorme oggigiorno, di tutto quello che viene detto e fatto in nome del papa. Ad esempio, cacciare via dall’isituto teologico pontificio intitolato a Giovanni Paolo II degli illustri studiosi colpevoli, come si apprende da Avvenire, di avere appunto cercato di interpretare l’insegnamento di Papa Francesco in continuità con quello tradizionale della chiesa.
Il principio “il papa ha sempre ragione” si estende anche a tutto ciò che vien detto e fatto nel nome del papa? La barca di Pietro è una nave grande e complessa e a comandarne le manovre non c’è sempre il comandante in persona. Anzi … Hanno “sempre ragione” anche il secondo ufficiale, l’ufficiale di rotta, l’ufficiale di macchina, il commissario di bordo e tutti gli altri che, sotto l’egida del comandante e da lui nominati, di fatto governano la nave?
Se non viene integrato e compreso dentro il principio della continuità, quello della sequela del papa “perché il papa ha sempre ragione” diviene pericolosamente simile al Führerprinzip, il “principio del capo” di funesta memoria.
Insomma, se non badiamo a restare cattolici, finiamo o nazisti o anglicani. Non è una bella fine.
Credere Obbedire Combattere. Più di qualcuno tra i pastori vorrebbe che si prendesse in prestito questo motto dal passato ; e più di una delle pecorelle vorrebbe assumerlo per poter vivere senza angoscia i nuovi processi in atto nella chiesa, nave sanza nocchiere.
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Quello che mi stupisce e’che solo ora e solo di fronte all’evidenza del cambio di rotta a 180 gradi della barca di Pietro, persone come Mons. Camisasca si sentano.in dovere di richiamare alla continuita’ del Magistero quale base fondamentale che permette,nel susseguirsi dei papi, di non perdere la giusta rotta. Gia’si capiva dal 2013 che l’attale pontefice voleva essere unpapa di “rottura” e che non vi e’nessuna continuita’di intenti fra l’iinsegnamento di papa Francesco e quello di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Voglio dire che Mons. Camisasca si sveglia un po’tardi. Almeno lui si e’svegliato. E gli altri vescovi e cardinali ?Quelli fatti da papa Giovanni Paolo II? Tutti d’accordo con la “rivoluzione”, col.capovolgimento di tutti i valori precedenti ?Se si eccettua il compianto e coraggioso cardinale Caffarra ,mi pare che il.pavido conformismo e l’amor del quieto vivere, cioe’,.l’interessato e falso.ossequio alle idee del capo di turno , sia lo stile dominante del clero italiano. Solo in questo c’e’continuita’ :nel seguire il cinico detto Francia o Spagna purche’se magna …che tradotto per le cose di Chiesa potrebbe essere Familiaris Consortio o Amoris laetitia va tutto bene purche’ il monsignore faccia carriera o mantenga la propria posizione.
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Nella presente situazione è veramente difficile capire come ci si deve comportare. L’intervento di Camisasca mi è sembrato molto opportuno, molto chiaro e al tempo stesso doverosamente prudente. La prudenza è una virtù. La meno vistosa delle quattro sorelle, ma talvolta la più indispensabile.
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“Nella presente situazione è veramente difficile capire come ci si deve comportare.”
O freddi o caldi.Tiepidi mai.
Io non vedo nessuna continuità con i papi precedenti, riguardo la “Dottrina”.
E non sono nemmeno ottimista, credo che la situazione non sia assolutamente recuperabile.
Credo che il tutto, a mio avviso, sia inquadrabile in quella che è la “fine dei tempi”.
“.Chi ha orecchi, ascolti:
Colui che deve andare in prigionia,
andrà in prigionia;
colui che deve essere ucciso di spada
di spada sia ucciso.
In questo sta la costanza e la fede dei santi.”
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Perdonatemi un ulteriore commento.
Alla fine di quello che parliamo è per “Amoris laetitia”.
A molti sarà sfuggito, o non gli hanno dato l’importanza -nefasta. che gli do’ io, ma in quella “cosa” che è AL è scritto al Punto 173, testualmente:
“Apprezzo il femminismo quando non pretende l’uniformità né la negazione della maternità.”
Avete inteso? Leggetevi tutto il punto 173, e leggete anche “tra le altre righe”…
P.S. Il papa di oggi, Francesco, apprezza una ideologia mefitica, il “femminismo”, che tanto, ma tanto “bene” ha fatto e fa all’umanità…
Poi magari dopo Francesco, arriva un altro papa e ci fa sapere che apprezza il nazismo o il comunismo, pur se “quando”, che tanto “bene”, ma tanto “bene” hanno fatto all’umanità…
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Certo questo papa ha messo in moto velocemente e ufficialmente una rivoluzione, un ribaltamento e chi gli contrappone i papi precedenti non sbaglia, ma secondo me non è giusto confrontare i papi, perchè Bergoglio segue,accompagna e accelera una corrente che esisteva già durante i papati precedenti. Bisogna tener presente che il papa è una cosa e il clero è un’altra che spesso gli si contrappone anche solo col silenzio, non operando secondo gli insegnamenti che giungono da Roma. Durante il pontificato di Benedetto XVI tutti i preti gli erano contro in sordina ma chiaramente e lo stesso con Giovanni Paolo II, nonostante le lodi a voce: avrei molto da raccontare. Ora questo qui ha dato il via libera e sta esplodendo quello che prima era sotterraneo. Almeno ora si ha chiarezza tra le parti in campo e ognuno sceglierà dove stare.
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E io non posso che ammirare questa nomenklatura vaticana che, invece di esser epurata senza esitazione, come doveva esser fatto, e’ stata non solo risparmiata da chi aveva il potere nei precedenti pontificati (la tolleranza e’ in certa misura incominciata PRIMA del CVII!), ma le e’ stato permesso di prosperare in tutti gli organi della Chiesa.
Che cosa si sperava? che coloro i quali per decenni avevano, indisturbati, sostenuto e insegnato una dottrina diversa da quella di sempre, derisa l’ autorita’ dei Papi, di demolire la liturgia (quello che di essa era rimasto dopo il ’68….) nella prassi come nel significato, che costoro, dicevo, si pentissero e si ravvedessero, magari commossi per le dimissioni di Papa Benedetto?
A parer di un dilettante come io sono, l’ attuale vertice fa cio’ che aveva mostrato voler fare da decenni! non solo, utilizza per un fine contrario al bene della Chiesa quel potere previsto e pensato proprio per difender cio’ che oggi si distrugge! Il pastorale inutilizzato, o utilizzato poco, da Paolo, Giovanni Paolo e Benedetto, e’ oggi manovrato come una clava; tutto possiamo fare tranne che stupircene.
Forse, gli storici di domani ci dimostreranno che giudizi come il mio sono oggi ingenerosi; e che quei pastori furono, per motivi adesso non palesi, nell’ impossibilita’ di usare il vincastro per correggere l’ errare del gregge. Forse essi erano gia’ isolati, disarmati…
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P.S. penso e spero si comprenda il senso con cui dico “ammirare”…
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A volte la “ prudenza” che certo e’ una virtu’ prende in certe persone, soprattutto negli anziani, che gia’ hanno una “ deformazione professionale” come i prelati, il predominio su tutte le altre virtu’ come il coraggio , l’ eroismo, la forza di combattere , l’ ardore, (per la buona causa,) e raggela le buone disposizioni e Il fervore. Non e’ pero’ una questione di eta’ ma proprio di carattere: ripeto alcuni cardinali , molto anziani, sono stati fra i piu’ combattivi, fra cui il card. Caffarra e i cardinali dei Dubia. Altri piu’ giovani sono molto “ prudenti” ad esempio il card. Sarah.Questione forse di temperamento.
Io non so cosa ci vorrebbe per questa situazione ecclesiastica se piu prudenza o piu’ giovanile irruenza. Quello che pare evidente e’che ,come dice Ubi Humilitas,la situazione non e’ piu’ recuperabile. E allora se siamo davvero in tempo escatologico , forse non alla fine del mondo ma alla fine di un mondo, se assistiamo sgomenti ogni giorno a novita’ distruttrici , e al decadere irreversibile della Chiesa , che senso ha la prudenza, la cautela, insomma cosa stanno aspettando i prudenti e i cauti?
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“insomma cosa stanno aspettando i prudenti e i cauti?”
Articoli 675; 676; 677 del Catechismo della Chiesa Cattolica.
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